Categorie: Mostre

Nebula avvolge il Complesso dell’Ospedaletto di Venezia

di - 18 Aprile 2024

La nebbia, dal latino Nebula, «è una metafora estremamente aperta, uno spunto, una suggestione con la quale abbiamo voluto avviare il dialogo con gli artisti coinvolti per evocare una vasta gamma di forze – psicologiche, politiche, sociali, economiche, tecnologiche – che, pur nella loro intangibilità, pervadono il nostro presente, condizionano le esistenze di molti e rendono i nostri tempi opachi» hanno affermato Alessandro Rabottini e Leonardo Bigazzi, curatori della mostra con cui Fondazione In Between Art Film – dopo Penumbra, nel 2022 – prosegue la ricerca sugli stati di visione e di percezione extra-visiva.

Con le otto video installazioni site-specific che Fondazione In Between Art Film ha commissionato a Basel Abbas e Ruanne Abou-Rahme, Giorgio Andreotta Calò, Saodat Ismailova, Cinthia Marcelle e Tiago Mata Machado, Diego Marcon, Basir Mahmood, Ari Benjamin Meyers e Christian Nyampeta, lo studio interdisciplinare 2050+ ha trasformato l’intera geografia dello spazio del Complesso dell’Ospedaletto di Venezia immaginando una scenografia espositiva che materializza alcune proprietà della nebulosità liberando – nel passaggio da un’opera all’altra – i sensi, che possono acuirsi o ottundersi.

NEBULA, Fondazione In Between Art Film presso Complesso dell’Ospedaletto, Venezia. Courtesy Fondazione In Between Art Film. Foto: Lorenzo Palmieri

Il percorso inizia con Brown Bodies in an Open Landscape are Often Migrating (2024), la video installazione a tre canali di Basir Mahmood che si inserisce nello spazio mantenendo da un punto di vista formale la stessa altezza delle pale degli altari e la stessa prospettiva di visione dal basso. In una non casuale ma contingente assonanza di gesti con le scene affrescate nello spazio, Mahmood ripercorre i viaggi irregolari e pericolosi che compiono migranti senza documenti dall’Asia meridionale all’Europa, scegliendo di non rappresentare le loro esperienze ma di lasciarle emergere dalle difficoltà di cui, la troupe e i cameraman, hanno fatto esperienza. L’opera, che cerca di scoprire momenti di verità nella messa in scena, tematizza il paesaggio come spazio fisico ed esistenziale che gli esseri umani abitano e percorrono e dove talvolta cercano la salvezza. Proseguendo attraverso un lungo corridoio argentato, aiutati da un’insegna luminosa che, numerata in sequenza chiama l’attenzione del visitatore, si scoprono le partiture e il film di Ari Benjamin Meyers, Marshall Allen, 99, Astronaut (2024), si focalizza sul celebre sassofonista e attuale leader del leggendario gruppo jazz afrofuturista Sun Ra Arkestra, Marshall Allen, offrendo un’intensa esperienza musicale che intreccia i temi del tempo, dello spazio, della memoria e della trasformazione.

Nebula, Ari Benjamin Meyers, Marshall Allen, 99, Astronaut, 2024. Fondazione In Between Art Film presso Complesso dell’Ospedaletto, Venezia. Courtesyl’artista e Fondazione In Between Art Film. Foto: Lorenzo Palmieri

«I want to see something funny» dice una delle protagoniste del film di Christian Nyampeta, When Rain Clouds Gather (2024), ritratta con altri due amici mentre discutono su come trascorrere il loro sabato. «The after-image of this violence is gray» è invece uno dei messaggi che insieme a notizie di guerre ingiuste e di crudeli stermini, connessioni e divisioni nel mondo della cultura, entrano ed escono dalla loro conversazione: tutto il futuro sembra una nebbia che ci circonda e il domani sa di oggi quando si intravede e ferisce, la carne e l’anima. Ecco, l’anima. Come la nebbia è il sogno, persino chi sogna tanto infatti ha intervalli in cui il sogno sfugge. Ed è allora che le cose si vedono nitide, nel tempo e nello spazio che, nitidi appunto, sono nel film di Giorgio Andreaotta Calò. Nebula è il titolo dell’opera che l’artista ha realizzato seguendo una pecora, vagante da sola all’interno del Complesso dell’Ospedaletto, per proporre una riflessione spaziale e metaforica sulla cura, la mortalità e la ricerca di senso. Simbolo o termine di paragone della mansuetudine, la pecora è nel senso comune riconosciuta per la sua passività animalesca: la pecora, il gregge, seguono il pastore, non viceversa. Andreaotta Calò inverte invece il punto di vista e mettendoci nella condizione di seguire l’animale ci insegna il valore inestimabile che giace nell’imprevedibilità del viaggio.

Giorgio Andreotta Calò, Nebula, 2024, Fondazione In Between Art Film presso Complesso dell’ Ospedaletto, Venezia. Courtesy dell’artista e Fondazione In Between Art Film.Foto: Lorenzo Palmieri

Nebula prosegue al piano superiore del complesso con un nuovo adattamento di Until we became fire and fire us di Basel Abbas e Ruanne Abou-Rahme, che tiene conto della funzione originale del Complesso – che per ben quattro secoli fu rifugio per poveri e ammalati – e si offre come strumento di riconnessione spirituale e fisica oltre che di ricostruzione storica. «After the destoyed the village they planted pine trees to cover the remain» – Dopo aver distrutto il villaggio piantarono pini per coprire ciò che resta. «In the wake of the destruction we looked out towards the hill but could not find the path» – In seguito alla distruzione guardammo verso la collina ma non trovammo il sentiero. «Decades set in pine needles covered the land extinguishing breath of pomegranate, fig, almond» – Decenni incastonati in aghi di pino coprirono la terra estinguendo l’alito di melograno, fico, mandorlo. «And then one afternoon a fire raged» – e poi un pomeriggio infuriò un incendio: dalle piante indigene che resistono ai tentativi di estirpazione alle pietre antiche, ai siti testimoni di violenza fino alle canzoni sull’amore o alle danze tradizionali, l’opera è un’esplosione di canto, danza e poesia come atti di resistenza politica alle conseguenze traumatiche del vivere in contesti dove distruzione e cancellazione sono continue.

Nubula, Basel Abbas e Ruanne Abou Rahme, Until we became fire and fire us, 2023. Fondazione In Between Art Film presso Complesso dell’ Ospedaletto, Venezia. Courtesy dell’artista e Fondazione In Between Art Film.Foto: Lorenzo Palmieri

Cinthia Marcelle e Tiago Mata Machado riflettono, allegoricamente, sulle origini del capitalismo, sul colonialismo e sull’etnocidio con l’installazione a due canali Acumulação Primitiva (Accumulazione Primitiva, 2024); mentre Saodat Ismailova propone un viaggio visivo e poetico nell’eco culturale e politica che si è generata, attraverso secoli e luoghi diversi, dalle idee rivoluzionarie del profeta Al-Muqanna, una figura storica ambigua che ha vissuto in Asia centrale nell’VIII secolo (Melted into the Sun, 2024). Chiude il percorso Fritz (2024) di Diego Marcon, che mostra un ragazzino che canta uno jodel all’interno di una legnaia illuminata da un’alba autunnale. L’immagine è nitida e semplice, ancorata in un reale plausibile, fors’anche rassicurante ma al contempo incerta, inquietante. Fritz è metafora di tanti precari equilibri del nostro tempo: infanzia ed età adulta, essere al mondo ed essere senza mondo, essere umano ed essere burattino.

Tutto ciò che ci circonda dunque, è realtà o è solo una rappresentazione metaforica di quella che è la vera esistenza che per il momento non appare ai nostri occhi se non attraverso icone e quindi metafore? Nebula è in tal senso una possibilità: quella di scoprire attraverso l’arte nuove coordinate all’interno di tempi come i nostri, disorientati e disorientanti.

Diego Marcon, Fritz, 2024. Video monocanale, animazione CGI, colore, suono, loop. Commissionato e prodotto da Fondazione In Between Art Film, e co-prodotto da Sadie Coles HQ, Londra, e Galerie Buchholz, Berlino/ Colonia/New York, per la mostra Nebula, 2024. © Diego Marcon. Courtesy dell’artista; Fondazione In Between Art Film; Sadie Coles HQ, Londra; e Galerie Buchholz, Berlino

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