La galleria Sabato Angiero Arte, a Saviano, in provincia di Napoli, apre i battenti alla prima personale di Francesco Cocco, curata da Rosa Esmeralda Partucci, dal titolo “Ogni volta qualcosa”, che riflette sul senso di una contemporaneità contraddittoria ed eversiva.
Nel percorso espositivo, Francesco Cocco (Scafati, 1968), ha coniugato insieme, in una originale costellazione metalinguistica, i vari linguaggi del contemporaneo: dal disegno alla pittura, dalla scrittura alla fotografia, dal video all’installazione e alla performance, mantenendo con lucidità e coerenza le fila di un discorso critico, tutto improntato sul “giocoso” equilibrio della condizione umana. Nelle sale della galleria, l’artista ha costruito un luogo immaginifico in cui lo spettatore vive un’esperienza regressiva, come in una sorta di viaggio a ritroso nel tempo della memoria, ritrovando le immagini residuali di un passato infantile, che altro non è che l’infanzia dell’autore stesso.
Nella sua ricerca pittorica, Francesco Cocco mantiene vivo il proprio sguardo sulla sua infanzia, come un serbatoio da cui attingere idee e raccontare – ora da adulto – storie pregresse, senza perdere però l’incanto del fanciullo. Stratificazioni, cancellature e scritte si susseguono sulle superficie, codificandosi in plurimi simboli e assumendo il valore di una denuncia sociale e politica, dai toni pacati, ma non per questo meno efficaci. Da queste superfici affiorano spesso macchie cromatiche “neo-informali”, concepite quasi come intercapedini del tessuto figurativo, che aprono squarci nella memoria e dilatano il senso del tempo, dall’empirico all’inesperito.
Una galleria di volti anonimi e appena abbozzati (in Buoni e Cattivi, 2023) rielabora un linguaggio nutrito di pratiche pop e di visioni neoespressioniste, poste ora in bilico tra ironia e sarcasmo e ridotte a maschere umane. È una pittura semplice ma colta, quella di Cocco, capace di avvalersi di diversi spunti, come di letture di testi letterari e teatrali (Beckett e Fellini), che indagano sulla precarietà della condizione umana. Tali contaminazione ritrovano confronti figurativi nelle opere in mostra, come in E poi trovarono il senso di tutto, in Omaggio a Federico Fellini e in Provaci ancora, fallirai meglio: lavori eseguiti con una straordinaria libertà espressiva, adoperando segni, lettere e colature in un intricato gioco di rimandi semantici e di inversioni di senso. In Provaci ancora, fallirai meglio l’artista infatti insiste sull’ambiguità dell’esistenza umana, invitando «A integrare nella propria esperienza il fallimento, come momento di conquista e non di debolezza».
Una grande Giostra è il vero fulcro della mostra: un lavoro realizzato a 20 mani, che attraverso il gioco ha coinvolto giovani ragazzi in una festa dell’arte. Durante la performance, ripresa da Simone Foresta mediante fotografie e video, il gruppo di ragazzi tra i 7 e 14 anni, assieme all’artista, ha dipinto e decorato la grande istallazione, che domina al centro della sala. Si tratta di una sorta di «Luna Park» immaginario e metaforico, in cui ruota vorticosamente la fragilità dell’individuo umano, contraddetto e confuso dalle sottili apparenze e dalla cangianza dei colori. Come un manifesto del binomio arte-gioco, l’opera colma simbolicamente il divario di un tempo senza tempo, di storie silenziose, di ineffabili insensatezze, da cui si eleva l’urlo innocente di chi ha aperto gli occhi sulla precarietà del vivere.
A corredo dell’esposizione, è stato realizzato il catalogo Ogni volta qualcosa, curato da Rosa Esmeralda Partucci, edito per Gutemberg Edizioni, con contributi critici di Beatrice Salvatore, di Santina Pierro e di Simone Foresta, progetto grafico di Michele Attianese e contributi fotografici di Simone Foresta e Peppe Maisto, che sarà presentato il 21 aprile alla galleria Sabato Angiero Arte.
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