Categorie: Mostre

Oro tra Procida e Bacoli: Maria Pia Daidone alla Casina Vanvitelliana

di - 18 Ottobre 2022

Tra i laghi, più o meno piccoli, che, accanto al sonnacchioso fuoco del Vesuvio, popolano i vulcanici Campi Flegrei, c’è, in un’amena piana di verde, il Fusaro. Nel quale si specchia, posta su un isolotto, la deliziosa Casina Vanvitelliana, realizzata da Carlo Vanvitelli, figlio del più famoso Luigi, il costruttore della Reggia di Caserta, in cui lo stile classico ha una ritmica grazia settecentesca. La fece costruire il re Francesco IV di Borbone, che vi arrivava con la barca, per poi andare, come raccontano anche le vedute di Jacob Philipp Hackert, a caccia di folaghe. Ora, siamo a ottobre 2022, per arrivarvi c’è un ponticello di travi di legno che sembra tremare sotto i nostri passi per il forte vento che si è alzato dopo i lampi e i tuoni di un uragano. Ma, appena entrati nella Casina, ci sentiamo al sicuro riparo. Tutto è calmo e sereno. Siamo venuti qui per visitare la mostra “Oro tra Procida e Bacoli. Nonsoloinchiostri” di Maria Pia Daidone, invitata per celebrare Procida Capitale della cultura 2022.

Vi sono disegni delle case nella tradizione architettonica procidana. Non sono freddi prospetti, c’è qualcosa di diverso: le case, quasi sempre, non sono rappresentate soltanto da un punto di vista frontale ma anche da uno laterale. Cosicché sembrano flettersi, come per una carezza, sotto lo sguardo, da sinistra a destra, dell’autrice e quindi dei visitatori, che non si accorgono di questo cambiamento ma avvertono una sorta di inspiegabile stranezza, come un tocco di magia. Queste costruzioni procidane sono molto familiari a Mariapia – che ci mostra anche il disegno di quella dove d’estate va ad abitare – e, se è vero che le ritrae “in presenza”, è anche vero che, nelle loro immagini, c’è una rielaborazione quasi inconscia dell’affettuosa memoria del luogo. Il disegno è realizzato con una semplice penna biro che rende, con la diversa pressione della mano sul foglio, la diversità dei materiali rappresentati: la pietra del muro o il legno delle imposte. E con la biro Maria Pia riesce anche a rendere la luce del momento. «Devo fare in fretta – ci dice – la luce cambia e non posso sbagliare, perché non ho modo di cancellare. Disegnando, il movimento della mano si accorda con la mente, e devo essere molto concentrata». Per lei il disegno è la base di ogni realizzazione artistica. «Il disegno è la base di tutto».

La raffinata semplicità dell’interno della Casina si accorda con quella dei suoi disegni. Oltre ai “procidani”, ce ne sono altri che riprendono elementi astratti o naturali. Si impone tra questi un grande quadrato in cui vivono pesci ritratti dal vero nella silente atmosfera di un ambiente fantastico.

In proposito mi viene da citare, a prova della profondità dell’interesse naturalistico di Maria Pia, un libro piacevolmente illustrato da suoi disegni zoomorfi e autorevolmente commentato, “Zoophantasy”, a cui ha partecipato l’Università di Napoli Federico II. E dove troviamo interessanti osservazioni sul suo lavoro del professore Antonio Pietro Ariani, quale direttore scientifico del Museo Geologico napoletano: «Ci troviamo di fronte a una fantasia realizzabile, a un’altra realtà possibile…in fondo quello che noi chiamiamo Natura, quella che ha realizzato il popolo animale del nostro pianeta, di fantasia ne ha avuto almeno altrettanta».

Daidone è una persona gentile che si presta a rispondere alle domande e a spiegare la sua tecnica. In questi suoi lavori aggiunge al pennarello nero quello colorato, armonizzando le tinte e le tonalità. Ma vi si nota soprattutto la chiarezza di una visione sintetica. Niente nelle sue visioni deve essere superfluo. La sintesi è un processo di tipo razionale che dà perspicuità alla sua visione realistica. Questo procedimento ci parla anche del carattere di Maria Pia, della sua fiducia in se stessa, della sua intelligente decisionalità.

Avevo già conosciuto la sua arte in alcune mostre collettive e mi avevano interessato la sua ricerca della luce in alcune strisce dipinte d’oro e il racconto simbolico delle sue esperienze di vita, raccolte in scatole che suggerivano di aprirle per svelarne il segreto. La sua attività non si è mai fermata. e le sue invenzioni artistiche sono state testimoniate dalle mostre che si sono susseguite senza sosta: Cerchi, Graffiti, Nonsolocerchi, Dame a palazzo, Birilli, Macrostampelle, Accertamenti metropolitani, Sagome. Una attività insonne, frutto di un’energia insospettabile. Usciamo dalla Casina a sera tardi: ha smesso di piovere e si è placato il vento. Lassù, tra le nuvole scure, si fa largo il grande spicchio d’oro di una luna imperturbabile.

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