Su Pablo Picasso sono state fatte mostre, sono stati scritti libri e ne è stata analizzata la figura umana, talvolta controversa. Ma nuovi aspetti della sua poetica si sviluppano nelle due mostre lombarde in corso – a Palazzo Te di Mantova, fino al 6 gennaio 2025 e a Palazzo Reale di Milano, fino al 2 febbraio 2025. Vediamolo nel dettaglio.
Come spiega Stefano Baia Curioni, Presidente della Fondazione Palazzo Te, a proposito dell’esposizione Picasso, Poesia e Salvezza: «L’elemento poetico, la dimensione poetica del vivere. Queste due cose hanno messo l’accento sulla vita di Picasso, animando la sua capacità di essere artista attraverso le tante sfide che ha dovuto affrontare. È una mostra molto specifica, fatta insieme al Museo Picasso di Parigi e alla famiglia dell’artista, qualcosa di impensabile per noi. Una mostra che speriamo possa far scoprire Picasso sotto una lente nuova, con un focus sull’importanza del cambiamento, della trasformazione, la stessa che ha attraversato il maestro spagnolo».
La poesia è dunque il filo conduttore di un’esposizione che si snoda nell’affascinante cornice rinascimentale di Palazzo Te, tra gli affreschi di Giulio Romano e quel rimando al viaggio, dell’emigrazione in cerca di fortuna che è il tema su cui poggia la mostra di Palazzo Reale. «Artisti dello spostamento a quattrocento anni di distanza l’uno dall’altro» nelle parole di Annie Cohen-Solal, curatrice della mostra mantovana in collaborazione con Johan Popelard. Le opere di Picasso sono però mezzo, a Mantova, per rappresentare un tema, quella della vita poetica che ha portato il pittore di Malaga a dedicare una parte della sua carriera quasi esclusivamente alla poesia, come dimostra una sala in cui vengono riportati una serie di componimenti poetici Dada di Picasso. Bollato come straniero e come uomo di sinistra, il genio spagnolo deve trovare un nuovo modo per esprimersi. Opta dunque per dei brevi versi quali Sta Nevicando Al Sole, associa il disegno alla parola, diventa Poeta abbandonando per un anno – nel 1935 – il disegno. L’atto poetico è una via di salvezza, un urlo di liberatorio per l’artista, oppresso dalla situazione politica di quegli anni e dalla sua situazione di immigrato. E lo fa con una lingua che non gli appartiene, che ha dovuto imparare per adattarsi ad una realtà che per lui è, in quel momento, più croce che delizia.
Nella mostra di Palazzo Te figurano pezzi interessanti e numerosi rimandi al Picasso presunto anarchico, pittore d’avanguardia, amante della Commedia dell’Arte e della Mitologia, dalle quali prende gli alter ego che lo accompagneranno nel corso della carriera: Arlecchino e il Minotauro. «Se tutte le tappe della mia vita potessero essere rappresentate come punti su una mappa e unite con una linea, il risultato sarebbe la figura del Minotauro» è la citazione posta accanto a una serie di acqueforti degli anni ’30 che concludono un percorso tortuoso, che mette in luce la centralità della metamorfosi nella movimentata storia di artista e di uomo di Pablo Picasso.
«Lo Straniero impara l’arte di adattarsi in maniera più creativa, anche se più dolorosa, di chi si sente in diritto di appartenenza»recita Georg Simmel nel 1908. Con questo aforisma si viene accolti all’interno delle sale del Palazzo Reale di Milano, che in qualche modo prosegue quanto iniziato a Mantova. Se di Picassosi è scritto e detto di tutto, è invece conoscenza comune il cammino intrapreso dallo spagnolo, tacciato di essere uomo di sinistra, rivoluzionario, sottoposto a sorveglianza speciale? Uno spagnolo in Francia che non parla francese, marchiato dalla polizia xenofoba dell’epoca. La mostra milanese ripercorre i difficili ma intensi anni parigini di Picasso, decenni che lo consacreranno come leggenda dell’arte di tutto il ‘900. Più che un’esposizione qui si tratta di un vero e proprio racconto, dai primi viaggi nella capitale francese nei primi anni del secolo, passati nella miseria, agli incontri che cambieranno il corso della storia personale con l’artista, tra cui soprattutto Max Jacob, che gli insegna la lingua e ne diventa amico fraterno.
Picasso, nel frattempo, inventa il Cubismo o, meglio, ne diventa il capofila assieme a George Braque. La mostra ce lo racconta attraverso dipinti, disegni, documenti, reperti storici di un Picassopolitico, cittadino attivo, immigrato, contrario alle ideologie di estrema destra che non appoggiano bensì osteggiano il malato, il marginale, il debole. Le opere degli anni ’40 in mostra sono deformi, inquietanti, riflettono lo stato d’animo dell’artista in quel momento storico. Viene ricostruita una mappa del successo del Cubismo e delle prime avanguardie, particolarmente apprezzate negli Stati Uniti piuttosto che in Europa, dove nascono. «Attualmente Picasso è l’idolo dei collezionisti moderni» sostiene il The New York Times in un articolo del 1930. E non si trattava di un’esagerazione dal momento che le opere di Picasso erano contese da importanti galleristi, collezionisti, direttori museali, tra cui Alfred Barr del MoMa. Ormai è chiaro, Picasso è il simbolo della nuova arte europea che fa gola ai personaggi del mercato dell’arte americano, mentre in Francia accade il contrario: solodue suoi dipinti sono entrati a far parte di collezioni museali, mentre il MoMa gli dedica mostre e cataloghi, i galleristi bramano le sue opere, il pubblico dell’arte contemporanea americana lo venera quasi fosse una divinità in terra.
Il percorso attraverso la storia politica e personale di Picassoarriva al culmine con delle testimonianze dell’artista che lavora al suo capolavoro, Guernica. La mostra di Palazzo Reale propone un olio su tela di Dora Maar che registra una fase della creazione della grandiosa opera picassiana, incompleta e pure già potente sebbene in stato embrionale. Ad esso sono affiancate delle fotografie del 1937 sempre della Maar che ritraggono Picassointento a dipingere l’opera del ‘900 che forse più di tutte riesce ancora oggi a comunicarci l’orrore che è la guerra. Vi sono poi opere della fase prospera della carriera del genio spagnolo, dalla fine della guerra all’ultima parte del secolo scorso. Un periodo in cui Picasso è rispettato dai comunisti francesi, è ormai in quasi tutti i grandi musei del mondo, dipinge libero Colombe di pace, Bagnanti felici a Cannes, opere sconcertanti sui Papi D’Avignoneche ormai sono però accettate dagli appassionati d’arte: lo straniero è diventato Pablo Picasso.
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