«Non conosciamo minimamente la causa finale della sessualità; perché nuovi esseri viventi dovrebbero essere procreati dall’unione di due organi sessuali…L’intero argomento è avvolto dalle tenebre», così scriveva Charles Darwin nel 1862. La mostra “Think Tank: REPRODUCTIVE AGENTS” riunisce, negli spazi al secondo piano del museo Madre, 13 artisti visivi il cui lavoro esamina le implicazioni sociali, economiche e politiche del modo in cui diverse società definiscono e si relazionano con il concetto di riproduzione, dalla potente energia impiegata nell’autogenerazione di una nuova vita, all’esperienza soggettiva di nutrire un corpo autonomo carico di desideri, paure e pensieri propri.
In esposizione le opere di due artiste pionieristiche, Lynn Hershman Leeson e Shu Lea Cheang, incentrate sulle implicazioni personali dell’utilizzo delle tecnologie applicate alla gravidanza. Distanziandosi da tali interventi tecnologici, Ann Leda Shapiro vede invece il paesaggio naturale, quello del corpo e quello della mente come parti interconnesse di un unico e complesso sistema vivente. Il film di Lucy Beech, Reproductive exile del 2018, esplora la relazione tra le implicazioni ecologiche della gestione della riproduzione insieme al discorso scientifico sul complesso rifacimento delle tassonomie, delle pratiche e delle identità sessuali nel contesto della riproduzione interspecie. Esposti per la prima volta al pubblico, i disegni erotici di Victor Vasarely del 1940 mostrano varie pratiche sessuali, tra cui incontri tra il corpo femminile e quello animale.
Altre opere prendono in considerazione la riproduzione in quanto costrutto sociale e propongono una decostruzione del termine attraverso un’ottica di genere e post-coloniale per innescare una definizione più ampia del termine nel nostro presente. È il caso del trittico di Pamina Sebastião, Death by registration, delle opere tessili e video di Elektra KB e del pattern Utereyes di Elena Pizzato Ketra. Composto da due uteri stilizzati che convergono per formare un occhio, Utereyes rappresenta, nelle parole dell’artista veneta, che ha incentrato la sua ricerca sulla messa in discussione degli stereotipi di genere, «La libertà di scelta delle donne, sia del loro corpo che della loro sessualità al di là del genere. È un utero attivo, consenziente e vigile, non più passivo che subisce le imposizioni altrui, sia per dogmi sociali, etici o religiosi».
Nella serie di video Fase Rem 1-9 (2014), Romina de Novellis interpreta i sogni che ha avuto durante i suoi nove mesi di gravidanza. In Autofiction poems (2020), Pedro Neves Marques affronta le tensioni personali e politiche in relazione alla gestazione e ai diritti riproduttivi, alla luce delle alternative ai ruoli culturali tradizionali offerte dai corpi trans e non-binari. Artisti in mostra: Lucy Beech (UK), Shu Lea Cheang (Taiwan), Elektra KB (Colombia), Lynn Hershman Leeson (USA), Pedro Neves Marques (Portogallo), Romina de Novellis (Italia), Elena Pizzato Ketra (Italia), Tabita Rezaire (Francia/Guyana) , Florencia Rodriguez Giles (Argentina), Martina Servio Olavide (Argentina), Pamina Sebastião (Angola), Ann Leda Shapiro (USA), Victor Vasarely (Ungheria).
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