Jacopo Mazzonelli, Soundborders. Galleria d'Arte Moderna Achille Forti, Verona
Densissima di colori, affreschi, boiserie con intarsi, decorazioni a soffitto in foglia d’oro, la Cappella dei Notai è uno scrigno nel cuore della Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, colmo di sontuosità e mistero, storia e arte. Qui, a partire dal 1400, si riuniva il Collegio dei Notai, un organismo che provvedeva alla redazione di atti pubblici e privati, contratti, testamenti, occupandosi anche della traduzione tra il volgare e il latino. Oltre a garantire una certezza giuridica, i notai svolgevano un ruolo sociale e politico importante. Erano spesso coinvolti nelle questioni della comunità, fornendo consulenza legale e aiutando il podestà a governare. Possiamo immaginare che le loro riunioni fossero cariche di tensione e mistero, e che nella segretezza dell’odierna “Cappella dei Notai” si prendessero decisioni cruciali per la città.
Ispirato da questo alone di mistero e reverenza, dall’atmosfera cupa e raccolta del registro inferiore della cappella (dovuta alle boiserie che assorbono la luce filtrata dall’esterno) e dal registro superiore, così ricco di colori e materiali, Jacopo Mazzonelli, vincitore del Premio ArteMuseo 2023 (ArtVerona), ha prodotto l’opera site-specific dal titolo Soundborders.
Come i notai parlavano una lingua non comprensibile ai più – il latino – nella segretezza della cappella, così due lampadine di Edison si parlano oggi, poggiate su una tavola armonica (soundboard) che, paradossalmente, non amplifica più suoni, ma luce. Le due lampadine comunicano tra loro con un linguaggio misterioso e arcaico: quello della luce, dei segnali incandescenti di fuoco, usati da millenni per trasmettere messaggi sulle lunghe distanze. Segnali luminosi che hanno sempre superato confini – borders, appunto – per raggiungere terre lontane, avvertire di un pericolo, annunciare una tregua, o scandire l’ora dei riti sacri. Così le due lampade, come fari nell’ombra intima della Cappella dei Notai, si parlano lungo i margini della tavola armonica, dove un tempo poggiavano vibranti le corde di un pianoforte verticale. I ponti, oggi posati in orizzontale, sembrano delineare un nuovo paesaggio geografico, «una partitura visiva», racconta Mazzonelli, dove la tavola armonica, come in un modello architettonico in scala, funge da suolo; le lampadine diventano punti notevoli, e i ponti sono solchi nel terreno. Le onde di luce producono un ritmo da ascoltare con gli occhi, da immaginare con la mente. Le interruzioni, le pause e le accensioni, a volte brevi, a volte più lunghe, fanno intuire uno scambio indecifrabile ma tangibile.
Quando si guardano gli aerei a testa in su, e il bianco, il verde e il rosso del loro andare si muovono veloci nella notte; quando un faro della costa abbaglia improvvisamente lo sguardo, che si ritrae per poi riemergere in attesa del bagliore successivo; quando le barche si salutano nei mari con le loro luci di via, avvengono comunicazioni silenziose sulla lunga distanza, relazioni inspiegabilmente familiari e intime, in cui la lontananza pare addolcirne la percezione. E qualcosa di istintivo, nel corpo e nella mente, si sveglia. Così, l’aereo che si muove nel cielo ci è amico, lo seguiamo con lo sguardo fino alla sua scomparsa. Come il faro; e la barca, nel mare scuro della notte ci sembra di averla sempre conosciuta. Salutiamo l’aereo lontano, la barca che incrociamo, i passeggeri che porta – che all’improvviso ci sembrano fratelli – e ci sentiamo al sicuro alla vista del faro.
E come il faro scandisce la notte con la sua cadenza regolare, così nella penombra della Cappella dei Notai si accendono e si spengono le lampade di Edison. Utilizzano un codice cifrato, in cui numeri primi palindromi vengono tradotti in linguaggio Morse e restituiti in forma visiva. E per Mazzonelli, familiare alla partitura musicale, le note diventano numeri e il suono si fa luce. Quello che resta invariato, per gli occhi come per le orecchie, è il ritmo. Un ritmo luminoso che attrae, cattura l’attenzione e ipnotizza. In un paesaggio ovattato, dove i confini si dissolvono e il suono si fa luce, restiamo cullati dal ritmo dell’arte: quello del vedere, e del sentire con gli occhi.
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