Categorie: Mostre

Un giro di giostra per tornare bambini: Valerio Berruti a Palazzo Reale di Milano

di - 4 Settembre 2025

Fino al 2 novembre è in corso a Palazzo Reale di Milano More than kids, l’antologica di uno degli artisti più significativi del panorama italiano, Valerio Berruti (Alba,1977). Il progetto espositivo, a cura di Nicolas Ballario, è un excursus all’interno della poetica dell’artista con opere già note, come la Giostra di Nina, installazione interattiva a cui si può accedere con la musica appositamente realizzata da Ludovico Einaudi, e lavori inediti, come Don’t let me be wrong, scultura posizionata nel cortile di Palazzo Reale e musicata da Daddy G dei Massive Attack e due video animazioni. Un percorso denso di collaborazioni musicali di
rilievo come in Lilith, musicata da Rodrigo D’Erasmo e Cercare silenzio con il suono di
Samuel Romano, voce dei Subsonica, che si uniscono ad altre con il contributo di Paolo
Conte e Ryuichi Sakamoto.

Valerio Berruti, La giostra di Nina, 2018 Scultura+ Video-animazione con la colonna sonora di Ludovico Einaudi, Courtesy: l’artista

La mostra di Valerio Berruti a Palazzo Reale di Milano

Come tutte le opere di ingegno, il linguaggio universale che le pervade ci permette di
leggerle a più strati andando in sempre più in profondità. Così è per la ricerca di Valerio
Berruti, che mette in pratica la famosa dedica di Antoine de Saint-Exupery del Piccolo
principe all’amico d’infanzia Leon Werth: «tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma
pochi se ne ricordano». Rivedersi negli occhi delle bambine e dei bambini di Berruti
significa anche mettersi a nudo di fronte alle nostre responsabilità di adulti, un auto-
giudizio privo di alibi o scorciatoie. Come spiega l’artista, «i bambini tendono la mano allo
spettatore e lo portano nel loro mondo». Si fanno simboli e veicoli di riflessione che
agiscono sul livello del rimosso e su memorie a cui riconnettersi. Come quella raccontata
dall’artista in un episodio della sua infanzia: «Mia mamma rimase orfana all’età di sei anni
e ogni volta che vedeva l’unica fotografia che aveva con sua mamma piangeva
disperatamente. Le toglievi la foto smetteva, le ridavi la foto piangeva di nuovo».

Valerio Berruti, More than kids, courtesy Arthemisia

La pervasività delle immagini entra con consapevolezza nell’opera di Valerio Berruti. Un’arte
politica che attraversa temi e urgenze del contemporaneo, come il cambiamento climatico
o l’immigrazione. Dai bambini distesi sulla sabbia in una posizione innaturale che ricorda i
calchi umani della eruzione di Pompei in Nel silenzio a A safe place, che apre una
riflessione sull’oggetto del salvagente come icona della disparità geopolitica: ciò che è
direttamente connesso alla vacanza e al divertimento in Occidente, diventa monito di
disperazione e speranza di salvezza per i migranti.

Valerio Berruti, More than kids, courtesy Arthemisia

Nel silenzio ci riporta alla questione del surriscaldamento climatico: tre bambine distese sulla terra arsa tentano di riposarsi, mentre le temperature in costante aumento pongono dei eri interrogativi per il loro futuro.
Contro la guerra, invece, è l’opera Nel nome del padre, installazione che rappresenta
quarantuno sculture di bambini inginocchiati posti in una stanza nera che aspettano un
ordine che non arriva. La bambina che dovrebbe darlo, la quarantaduesima, guarda a
terra e piange perché si rifiuta di mandarli a morire. La gigantesca statua del busto di una
bimba di Don’t let me wrong, posto nel cortile di Palazzo Reale, punta lo sguardo verso la
Madonnina del Duomo di Milano, come a chiedere intercessione per tutti i peccati del
mondo.

Nella poetica di Valerio Berruti, tutto è molto più profondo e complesso di ciò che si possa cogliere al primo sguardo.

Valerio Berruti, More than kids, courtesy Arthemisia

Valerio Berruti: giocare con la mostra

Diventato noto al pubblico per il suo immaginario popolato da figure infantili sospese nel
tempo, Berruti materializza nello spazio simboli collettivi che mostrano l’infanzia come
luogo di appartenenza dove tutti siamo stati. Le sue opere non chiedono solo di essere
viste, ma attraversate, abitate, coinvolgendo il pubblico su più livelli della percezione.
Opere non solo da guardare ma da vivere, attraversare, abitare, che chiamano in causa lo
spettatore coinvolgendolo in modo diretto: questo accade nei bambini disposti in cerchio,
nella ragazzina che galleggia, negli uccelli del carosello che “fanno volare” chi decide di
salirvi.

Valerio Berruti, More than kids, courtesy Arthemisia

Il curatore Nicolas Ballario afferma, «con questa ampia monografica, Berruti si
trasforma in un regista che, stanza dopo stanza, suscita emozioni, sentimenti, fa
sussultare, sorridere, commuovere, riflettere. Le sue opere sono essenziali, potenti,
perché rivelano lo sguardo puro e diretto dei bambini, capaci di leggere il mondo con
autenticità e senza sovrastrutture». Ogni visitatore è invitato a costruire il proprio
cammino, a diventare parte attiva del racconto, in un percorso che fonde leggerezza e
profondità, sogno e realtà. Possiamo immaginare quei bambini come quelli citati nel film
Sei gradi di separazione, in cui la maestra sa quando è il momento di ritirare i loro disegni
quando sono ancora in forma astratta, prima che la crescita li porti verso l’omologazione.
Una mostra di grande interesse che apre mondi infiniti.

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