DS+R, V&A East Storehouse, © Hufton+Crow
Se a Parigi la scena culturale continua a fiorire – l’ultima arrivata è la nuova sede della Fondation Cartier – la vivacissima Londra non vuole perdere terreno nella sfida di capitale culturale europea e si arricchisce di un nuovo spazio espositivo di altissimo profilo. Il 31 maggio 2025 aprirà finalmente al pubblico il V&A East Storehouse, primo tassello del progetto V&A East, nato sotto l’egida del Victoria and Albert Museum e progettato dallo studio di archistar Diller Scofidio + Renfro, nell’ambito dell’ambizioso East Bank, il nuovo distretto culturale sorto nel Queen Elizabeth Olympic Park. Il risultato è un ibrido inedito tra museo, archivio, deposito e laboratorio, pensato per ridefinire il rapporto tra pubblico e patrimonio culturale.
Con i suoi 16mila metri quadrati – che corrispondono a più di 30 campi da basket – il V&A East Storehouse si insedia nell’ex centro media delle Olimpiadi di Londra 2012 e accoglie oltre 250mila oggetti, 350mila volumi e mille archivi, offrendo un accesso mai visto prima a una collezione che attraversa secoli e discipline, dalla moda al design industriale, dalla scenografia alla fotografia, dai reperti archeologici all’arte pop. Ma più che le cifre, a colpire è la radicale trasformazione di paradigma: il visitatore non è più spettatore passivo ma co-autore della propria esperienza.
Come spiega Elizabeth Diller, partner fondatrice dello studio che ha firmato il progetto architettonico, il V&A East Storehouse si configura come un Cabinet of Curiosities contemporaneo, immersivo, espanso, accessibile: né magazzino né museo ma una forma ibrida: la conservazione incontra lo storytelling, il backstage diventa scena aperta e il pubblico entra dove prima era vietato.
Il cuore dello Storehouse è la monumentale Weston Collections Hall, uno spazio alto 20 metri scavato come un vuoto all’interno della massa compatta dell’edificio. Attorno, si sviluppano tre cerchi concentrici di accesso: il primo espone oggetti in casse aperte, il secondo è una zona semi-pubblica per la consultazione, il terzo, il più esterno, è dedicato a conservazione, ricerca e archiviazione. L’inversione dei tradizionali ruoli tra “davanti” e “dietro le quinte” produce un effetto di accessibilità strutturale, dove nulla è realmente nascosto.
Il V&A East Storehouse si propone dunque come un museo in attività: quattro nuovi studi di conservazione, visibili attraverso vetri e connessi al pubblico tramite telecamere mobili e schermi, mostrano il lavoro quotidiano dei restauratori. La fotografia, la documentazione digitale, l’elaborazione dei nuovi arrivi, il prestito e il trasporto degli oggetti sono parte integrante dell’esperienza visitabile.
Tra le esperienze più rivoluzionarie del nuovo spazio c’è Order an Object, che permette di scegliere online fino a cinque oggetti tra oltre mezzo milione, prenotarne la visione e vederli dal vivo accompagnati da un amico. Che si tratti di un manifesto di Jimi Hendrix, un abito di Balenciaga del 1954, un frammento tessile egizio o una sedia radicale del secondo Novecento, è il visitatore a decidere cosa vedere e perché. Si abbattono così le barriere tradizionali tra accessibilità, conservazione e desiderio.
Complementari all’esperienza autonoma, gli Object Encounters offrono occasioni di visione guidata da parte del team di curatori e conservatori: gruppi ristretti possono accedere, ogni giorno, a oggetti differenti. Le prime proposte includono un mantello Givenchy in seta del 1958 simile a quello indossato da Audrey Hepburn, un’armatura giapponese del XVI secolo, un cappello punk del 1980 con cresta di piume di struzzo rosse, strumenti scientifici del XVII secolo. Incontri fortuiti, emozionali e unici, destinati a moltiplicarsi in infinite combinazioni.
A fare da ancore visive nel percorso ci sono sei oggetti monumentali che per decenni non avevano trovato spazio espositivo. Fra questi, il Kaufmann Office di Frank Lloyd Wright, unico interno completo dell’architetto americano fuori dagli Stati Uniti, il soffitto ligneo cinquecentesco del palazzo di Torrijos in Spagna, una cucina di Francoforte di Margarete Schütte-Lihotzky, frammenti architettonici del quartiere Robin Hood Gardens, la Colonnata di Agra e il gigantesco fondale teatrale dipinto da Picasso per Le Train Bleu dei Ballets Russes (1924), con i suoi oltre 10 metri di altezza.
Dopo lo Storehouse, il progetto V&A East avrà una nuova tappa nel 2026, quando è prevista l’apertura del V&A East Museum, secondo polo del progetto, che esplorerà il potere trasformativo della creatività e del making, con un focus sulla contemporaneità globale e un’identità fortemente radicata nel tessuto culturale dell’East London.
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