Rusty Brass Band in parata musicale a Berchidda, foto Andrea Rotili
Arriva l’estate e con lei la stagione dei festival per antonomasia. Su exibart vi portiamo alla scoperta di alcune delle manifestazioni dedicate allo spettacolo dal vivo più curiose e interessanti sulla scena nazionale, parlandone con direttrici e direttori (qui tutte le puntate). Time in Jazz è il festival che da 37 anni porta la grande musica jazz nell’entroterra sardo. L’edizione 2024 si svolge dall’8 al 16 agosto a Berchidda e dintorni.
A Love Supreme, come si declina il tema dell’edizione XXXVII del festival nel programma?
«Il tema di questo anno “A Love Supreme” è un inno all’amore universale e alla pace oltre che un’invocazione al Divino che travalica il sacro e aspira a connettere l’afflato creativo con l’ignoto tramite una preghiera laica fatta di suono e melodia, canto e silenzio. Dopo i temi degli scorsi anni “Rainbow” e “Futura” non poteva dunque che essere questo il motivo conduttore di questa edizione. Tema teso tra passato e futuro per sottolineare, soprattutto in questo difficile momento di conflitti e barriere, quanto il cuore dell’uomo debba sempre battere all’unisono».
Berchidda ormai meta mondiale per chi ama il jazz, com’è cambiato il rapporto del festival col territorio?
«Il rapporto con il territorio non è mai cambiato. Direi anzi che nel tempo è cresciuto cercando di dare risposte alle istanze dei nuovi equilibri territoriali, turistici e culturali che, negli ultimi decenni, sono profondamente cambiati. Crediamo infatti che la vera responsabilità di un festival sia quella di riflettere, attraverso la musica e l’arte, sul presente».
Il festival non è più solo jazz ma anche letteratura, cinema, arte. Come si uniscono questi linguaggi artistici?
«Time in Jazz è un viaggio. Durante un viaggio ci sono possibili soste e a volte fermate intermedie impreviste. Per questo consigliamo al pubblico di non venire per seguire un unico concerto ma di abitare Time in jazz nelle sue nove giornate ricche di appuntamenti dalla mattina a notte inoltrata tra concerti, attività per l’infanzia, libri, enogastronomia e tanto altro».
Il festival pone da anni attenzione alla sostenibilità. Cosa vuol dire per un festival jazz applicare politiche green?
«Significa rispettare i luoghi che ci ospitano. Significa differenziare meglio la raccolta dei rifiuti, significa utilizzare materiale compostabile, non sprecare l’acqua e possibilmente berla dalla fonte e non dalla bottiglia, significa mangiare con prodotti a chilometro zero, significa utilizzare la corrente prodotta da sole che il nostro “carro delle energie” immagazzina durante il viaggio, significa alimentare le luci del palco con nuove tecnologie meno impattanti e significa indurre una riflessione, attraverso la musica, sui temi ambientali».
Quale sarà la colonna sonora di questa edizione?
«La colonna sonora di questa edizione è ovviamente A Love Supreme di John Coltrane e in particolare il brano che apre l’album dal titolo Acknowledgement che è riconoscimento e il ringraziamento del sassofonista al suo Dio e un monumento alla spiritualità.
Ma la colonna sonora sono anche le molteplici voci dei protagonisti che animano questa XXXVII edizione oltre al sole, al mare e (speriamo di no) al maestrale che cantano e comandano il ritmo delle stagioni. Maestrale che dovrebbe spirare di suo senza dare adito al movimento delle pale eoliche selvagge che rischiano di devastare e deturpare l’assetto naturalistico della nostra isola».
Cosa non può mancare nello zaino di chi viene al festival?
«La curiosità della scoperta e la voglia di comunicare. Magari anche una sedietta e un cappellino per i concerti esterni, oltre a una borraccia di acqua di fonte».
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