Chiuse le porte dell’ingresso, all’interno della sala espositiva è buio. L’atmosfera è del tutto simile a quella di un cinema. Penetra soffusamente, dalle forellate ante in acciaio, la luce di un tramonto settembrino che, all’interno del fantascientifico spazio, sembra essere l’unica cosa ancora vera. Ad accogliere il visitatore sono due tele violacee, intitolate Ying yang bang, eleganti raffigurazioni del Tao rappresentanti l’atomo, ossia l’origine del tutto (nel bene e nel male). Sarah Ciracì (Grottaglie, 1972) presenta così il protagonista dell’evento espositivo. Le due immagini hanno la valenza di un autoritratto, sembrano foto scattate alla stessa persona con umore alternato o con luce diversa. L’atomo viene antropizzato e si intuisce che durante il percorso espositivo lo si rincontrerà.
Affianco a Ying yang bang, caratterizzato da un più familiare caldo arancio, è Crop Circle. Un’elegantissima incisione su vetro retro illuminato che riproduce, con vezzo sinuoso e baroccheggiante, i cerchi (alieni?) che di tanto in tanto appaiono nelle più disparate e pianeggianti campagne del mondo. I misteriosi cerchi sono spesso argomentati in scoop giornalistici, libri, cartoon, film. In ognuna di queste trattazioni medianiche aleggia il senso d’angoscia che si prova per una cosa che non si conosce e di cui è lecito pensare ogni male. L’artista, invece, trasforma l’ansia per un’eventuale invasione aliena in un piacevole momento di raccoglimento artistico. Un’opera luminosa per gli occhi di chi vuole andare oltre il mondo stereotipato, il cui orizzonte è costellato da ansie ed isterismi. L’informazione di massa spaventa l’uomo con fantomatiche paure, probabilmente per distogliergli lo sguardo da quelli che sono i veri orrori, come, ad esempio, le esplosioni atomiche.
Bagliori di luce colorata attirano il visitatore nell’altra area espositiva. I lampi violetti balenano allo sguardo in modo scattante e lasciano sulla retina l’immagine nitida del fungo atomico. Si tratta di Detonation of XX 10 Priscilla, a 37 kiloton atomic bomb, on 24 June 1957. Nevada, USA, dipinto realizzato con vernici bianche fluorescenti che appaiono visibili solo quando illuminate da luce ultravioletta emanata da due neon disposti nella parte superiore ed inferiore della tela (stessa tecnica usata per Ying yang bang). Il simpatico fungo, apparso migliaia di volte in tv, riappare qui palesando un certo charme. È come se con eleganza ironizzasse sul suo mestiere. Non si tratta di una semplice esorcizzazione di un problema immane, né di una stilizzazione di un evento catastrofico, ma di un monito freddo e secco, lanciato da un’artista. Il rimprovero si fa ancora più tagliente con l’ultima opera esposta, Ricordati che sei atomo… (simile per stile, cromie e tecnologia a Crop Circle). Sul vetro scuro è inciso: “ricordati che sei atomo e atomo potresti tornare”. Un’ammonizione che ricorda come ogni cosa si componga di atomi, esseri umani e bombe atomiche compresi, e che mostra, mai come prima, quanto questi ultimi due siano simili. Entrambi potenziali armi di distruzione di massa.
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