L’artista solitario è in estinzione. Tra artisti che producono per poi lasciar firmare le loro opere, altri che lavorano in gruppo sotto un unico nome, o che fanno realizzare le loro opere a manovalanza privata. Questa tentazione della co-autorialità ha infine contagiato anche LeWitt e Paladino. La mostra Andamenti, infatti, comprende ventiquattro opere realizzate da entrambi su singole superfici. Piuttosto che dare vita ad una fusione, il loro incontro è divenuto dialogo dalla duplice firma, rigorosamente presente, a matita, sulle rispettive parti di opera. Un dialogo che diviene plurimo, accompagnato da una terza voce, quella di una mater matuta posta al centro del percorso espositivo: voce che sottolinea l’arcaismo segnico di Paladino.
Nel colloquio tra i due artisti, Mimmo Paladino tende ad attribuire una visione figurativa alla zona di Le Witt e a rispondere in tal senso. Laddove vede strisce ondulate orizzontali, a mò di mare terroso, Paladino dipinge una montagna acquosa. In queste opere (realizzate su carta con tecnica mista) Paladino tende ad uscire dal foglio e a sovrapporne altri a quello di base, pare quasi si contorca. Sol Le Witt è disteso, pacato, in un bilanciamento che fa pensare che la loro idea, nata durante un incontro a Roma nel 2002 , sia stata fruttuosa.
La mostra non è un’esclusiva, arriva in Campania dopo le tappe di Londra (Estorick Collection) e Roma (GNAM). La location scelta è il Museo Archeologico dell’antica Capua, situato in un punto strategico di S. Maria Capua Vetere, fra la facoltà di Conservazione dei Beni Culturali e la galleria Il Pilastro, dove l’arte contemporanea ha sempre maggior spazio per mostrarsi.
L’impressione che se ne ricava è sicuramente positiva, sia per la mostra in quanto tale, sia per l’evento che rappresenta. La città sembra voler aprire gli occhi su di un mondo che, da troppo tempo, non comprendeva.
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genny capitelli
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