Ruben Montini, Questo Anonimato È Sovversivo (part.), 2017 - ongoing (Cruce Arte y Pensamiento - Madrid - Spain, 2020), Ph. Ela Bialkowska, OKNOstudio Courtesy of the artist and Prometeo Gallery, Milan - Lucca, Ph. Ela Bialkowska, OKNOstudio, Courtesy of the artist and Prometeo Gallery, Milan - Lucca
A Bruxelles torna Brussels Gallery Weekend, l’evento che da oggi fino al 6 settembre coinvolge oltre trenta gallerie. Tre i progetti espositivi che hanno come protagonisti artisti italiani: Ruben Montini all’FdG Projects, Sergio Breviario, Luca Pancrazzi e Giuseppe Stampone alla galleria MLF | Marie-Laure Fleisch, Francesco Clemente alla galleria Maruani Mercier.
A circa mezzora dalla capitale belga, ad Anversa, sarà inaugurata anche la prima personale di Luca Monterastelli alla galleria Keteleer Gallery.
Montini è stato invitato da FdG Projects (dal 4 al 6 ottobre), lo spazio di ricerca fondato dal collezionista Frédéric de Goldschmidt, a sviluppare nei loro spazi una nuova tappa di Questo Anonimato È Sovversivo, il «colossale progetto dell’artista italiano Ruben Montini, sviluppato a partire dal 2016 (qui l’intervista in cui l’artista ce lo raccontava nelle fasi iniziali). Il lavoro consiste in un vasto ricamo a mano che sarà il risultato della cooperazione tra persone che vivono in tutta l’Unione Europea. Ognuno è libero di ricamare quello che vuole. Il progetto dà totale libertà al pubblico dei partecipanti. L’artista non chiede né commissiona alcun disegno anzi, chiede – ancora di più – di lasciare perdere l’ultimo filo… in modo che le persone nelle tappe successive dei diversi Paesi possano continuare, o modificare, o interpretare in modo personale ciò che è stato iniziato da qualcun altro. Così facendo, il lavoro cerca di dare luce a un’idea di cooperazione, di collaborazione, di lavoro a distanza per raggiungere un obiettivo specifico. Il risultato finale di questo enorme lavoro di ricamo, infatti, racconterà la storia di diverse persone che si sono incontrate – in modo metaforico – sulla superficie di questo lenzuolo di cotone, vivendo lo stesso sentimento di condivisione e di unione attraverso la realizzazione dell’opera. L’attività di ricamo è quindi “solo” una scusa per creare qualcosa di più grande, apparentemente intangibile, che è il senso di comunità, di appartenenza a un’unione più ampia e senza confini», ha spiegato l’artista.
Così scrive Pietro Gaglianò nel testo che accompagna la collettiva alla MLF | Marie-Laure Fleisch (aperta fino al 15 ottobre): «I tre artisti radunati in Immaginario italiano si accostano al disegno con ragioni diverse e con interpretazioni originali e personalissime. Per Giuseppe Stampone è il medium cardinale di tutta la sua arte, è un’affermazione estetica vigorosa e estesa; per Luca Pancrazzi è una meditazione attorno alle questioni poetiche e dei processi della rappresentazione, e costeggia la pittura, talvolta precedendola talvolta eludendola; per Sergio Breviario ha quasi il carattere di uno sfondamento rispetto agli altri linguaggi adoperati: il disegno li attraversa, li sostiene, li mette in discussione.
Il tratto comune che incornicia le ricerche di tutti e tre è l’assunzione del disegno come un esercizio di conoscenza, una prassi tanto intellettuale quanto pratica. Gli artisti partono sempre dall’osservazione del mondo sensibile che li circonda: nell’estensione tra la mente e la mano che impugna una penna, un carboncino o un pastello, prende forma l’atto del comprendere cioè, alla lettera, di capire includendo, assimilando.
La restituzione formale di questo processo non punta alla riproduzione del visibile o alla verosimiglianza, che non è mai necessaria se non come scelta interpretativa; ma è in questa attenzione al vero, anche nelle sue coniugazioni eretiche, nei suoi risvolti critici, nei termini della reinvenzione, il possibile tratto comune di una via italiana del disegno, così come viene descritta nella varietà dell’opera di Breviario, Pancrazzi e Stampone».
Bestiary 2020, esposto alla galleria Maruani Mercier (fino al 17 ottobre), «è un gruppo di quattordici dipinti che Francesco Clemente ha creato quest’anno durante la chiusura, in giorni pieni di incertezza, confusione e ansia, giorni registrati in caratteri di spicco su ogni dipinto.
Tradizionalmente un “bestiario” è un compendio di bestie divenuto popolare nel Medioevo. I bestiari medievali erano ricchi di simbolismo e allegoria, in modo da insegnare lezioni morali e intrattenere, piuttosto che trasmettere la conoscenza del mondo naturale. Le bestie raffigurate nei dipinti di Clemente rimandano esplicitamente a una tradizione iconografica dei secoli bui: i cosiddetti “grilli”, mostri fantastici, composti da teste umane e parti del corpo collegate ad elementi zoomorfi come gambe e code. Questi erano un aspetto popolare dell’iconografia gotica, ma hanno origine in una varietà di culture precedenti, da quella romana a quella islamica. Clemente è sempre stato impegnato con la nozione di metamorfosi e con gli spazi liminali che separano il mondo interiore, spirituale, dal mondo esterno, materiale. Collegare le date di oggi ai “mostri” medievali è forse un modo per Clemente di richiamare la nostra attenzione sul ritorno dell ‘”irragionevolezza” in questo periodo di maggiore crisi. […] Le immagini inquietanti sono rese in colori teneri e seducenti come a incoraggiarci a familiarizzare con l’assurdità di questi tempi grotteschi e crudeli.
Il lavoro di Clemente si reinventa e si conferma costantemente», ha spiegato la galleria.
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