Categorie: opera

Duccio di Boninsegna | | Madonna in Maestà (Madonna Rucellai)

di - 1 Aprile 2004

Per molti secoli fu ritenuta opera di Cimabue (Cenni di Pepo 1240/50, 1302 ca.), al quale già Vasari nelle Vite l’aveva attribuita. Nel 1790 fu pubblicato il documento di allogagione con il quale il 15 aprile 1285 la confraternita dei Laudesi di Santa Maria Novella commissionava a Duccio di Buoninsegna la realizzazione di una magna tabula per celebrare la Vergine Maria. Solo nel 1889 Wickhoff riconobbe nella magna tabula lì menzionata la cosiddetta Madonna Rucellai, attualmente agli Uffizi, riconducendola a Duccio; tuttavia le opinioni rimasero discordi ancora per molti anni.
La pala rappresenta la Madonna in trono con il Bambino e sei angeli inginocchiati; nei clipei della cornice sono dipinte figure di profeti e santi a mezzo busto. E’ facile comprendere che l’opera sia stata riferita a Cimabue, essa riflette il momento di massima influenza di Cimabue su Duccio e presenta “rapporti puntuali” (Chelazzi Dini) con la Maestà del Louvre (già nella chiesa di San Francesco a Pisa), realizzata da Cimabue negli anni 1270-75.
In entrambi i dipinti la Madonna, seduta su un trono posto in tralice, ha sulle ginocchia il piccolo Gesù benedicente; la rappresentazione di Maria è in linea con i canoni bizantini, ha il manto blu (le cui pieghe tuttavia non sono accentuate da lumeggiature dorate, come spesso nelle opere coeve), la testa cupoliforme, la classica forcella scura all’attaccatura del naso, le occhiaie accentuate.
Su un impianto compositivo strettamente bizantino, Duccio inserisce straordinarie varianti e raffinati accenti gotici che fanno di quest’opera un ideale spartiacque tra la maniera di Duccio “creato di Cimabue” (Longhi) e Duccio capostipite della scuola pittorica senese.

Gli storici dell’arte dibattono sul modo in cui il pittore sia venuto in contatto con le novità gotiche d’oltralpe. Bellosi, senza ipotizzare necessariamente un viaggio a Parigi, ricorda la circolazione di codici miniati che giungevano a Siena attraverso la via francigena e la possibilità che Duccio abbia conosciuto il mondo gotico nella basilica superiore di Assisi, dove operavano maestri (forse di origine inglese) provenienti dai cantieri delle grandi cattedrali che sorgevano in quel momento in Francia e in Inghilterra.
Nella Madonna Rucellai gli angeli non si dispongono in modo serrato intorno al trono, facendo massa con esso (come nell’opera di Cimabue), sono inginocchiati l’uno al di sopra dell’altro, sospesi sul fondo oro, su invisibili gradini paralleli. La composizione ne risulta più lieve e spaziosa, grazie anche ai colori chiari e luminosi che ricoprono le vesti leggere degli angeli e il camicino quasi trasparente del Bambino; tonalità delicate molto diverse dalle tinte scure di Cimabue.
Sul manto blu della Madonna risalta il movimento sinuoso del bordo dorato di origine gotica, come gotiche sono le slanciate bifore che decorano il trono e gli eleganti ritmi lineari della composizione.
Del tutto nuovo lo sguardo dolce di Maria, il modo più umano in cui viene rappresentato il rapporto affettivo con Gesù, senza nulla togliere alla sacralità dell’immagine. Di questi delicati accenti umani partecipano anche gli angeli, che non guardano fissamente verso lo spettatore, ma rivolgono alla Vergine occhi compassionevoli. Inizia quella trasformazione nella rappresentazione del divino che porterà Duccio nella Maestà del Duomo (completata nel 1311) a “conciliare perfettamente l’ideale bizantino del potere e della dignità ieratica, con l’innata tenerezza e il misticismo dell’anima senese” (Carli).
Note biografiche. Il primo documento su Duccio di Boninsegna è del 1278, l’annotazione di un pagamento fattogli dal Comune di Siena, compenso per la pittura di dodici casse. L’artista doveva quindi aver già raggiunto la maggiore età. Si stima che sia nato attorno al 1255, anche se non vi sono notizie certe. Si sa poco della sua formazione, svolta probabilmente sotto Cimabue. Le fonti ducumentarie lasciano trasparire una personalità inquieta e ribelle; si hanno notizie di numerose multe inflitte al pittore dal regime dei Nove. La critica recente preferisce pensare ad un artista molto concentrato sul suo lavoro, al punto di scegliere di pagare l’ammenda prevista, piuttosto che prestare servizio come soldato in periodi di guerra, abbandonando la sua arte. La commissione per la Maestà è del 9 ottobre del 1308. L’opera fu portata con processione solenne in Duomo (dove ornava l’altar maggiore) il 9 Giugno 1311. Duccio è ricordato ancora nei documenti fino alla metà del 1318. Muore forse tra la fine del ’18 e la metà del 1319. Nell’agosto di quell’anno la moglie e i figli rinunciano alla eredità, probabilmente perché gravata da debiti.

bibliografia essenziale
Enzo Carli, Duccio, Milano 1952
Luciano Bellosi, voce Duccio in Enciclopedia dell’Arte Medioevale vol. V, Roma 1994
Luciano Bellosi, Duccio. La Maestà, Milano 1998
Catalogo della mostra Duccio. Alle origini della pittura senese, Milano 2003

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Duccio di Boninsegna
Madonna in Maestà (Madonna Rucellai)
1285, olio su tavola
Galleria degli Uffizi, Firenze

antonella bicci

progetto editoriale a cura di daniela bruni

[exibart]

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