C’è un eppure?
Allo stato attuale delle cose, il mondo dell’arte visiva non mi pare affatto innovatore, né nel “messaggio” né nell’approccio ai nuovi media. Ritengo che la mia formazione si sia sviluppata soprattutto negli ambienti scientifico e musicale.
Nulla di davvero interessante?
Nutro molto interesse per la Bioarte e attualmente mi appassionano i lavori di Jane Alexander e di Charlie White. Dopo l’ideazione di un concept mi piace documentarmi, trovare analogie con altri artisti e risalire alla loro storia personale.
Come definiresti il tuo lavoro?
Semi-sintetico. Il processo creativo e i media che utilizzo hanno a che fare con un’idea di ibridazione tra mondo naturale e artificiale.
Com’è andata la tua personale da Guido Costa?
Sono molto soddisfatto. Sono riuscito a esprimermi al meglio: il risultato mi pare un giusto equilibrio tra idea e forma.
Tutto bene anche con chi si occupa di promuovere il tuo lavoro?
Ho la fortuna di lavorare con persone che reputo amici, dalle quali sto imparando moltissimo. Mi sento stimolato a mettermi in discussione e a rinnovarmi. In più c’è stima reciproca: questa è una condizione mentale privilegiata.
Che tipo è Diego Scroppo?
Incosciente e spregiudicato. Due difetti che mi hanno dato la spinta per ottenere non poche soddisfazioni. Cerco di mettere lo stesso entusiasmo anche nella vita di tutti i giorni. Solo che il tempo che dedico ad altre cose è talmente poco…
Te ne stai chiuso in studio per molte ore?
Non posseggo un vero e proprio studio. Lavorando con professionisti specializzati spesso il processo creativo si articola tra diversi spazi. La prima fase, quella di ricerca e d’ideazione, si svolge a casa. Molto importante è anche il luogo che ospiterà i lavori. Mi piace percepirne la storia. Quando è possibile cerco di portare a termine le opere direttamente sul posto, là dove verranno esposte.
Finora il bilancio è fatto di consensi e silenzi, quindi posso ritenermi soddisfatto. Una cosa che mi piace fare è cogliere dal vivo le espressioni dei volti.
Vivi a Torino. La ritieni una fortuna?
Ho un rapporto di autentico odio-amore con la mia città. Per alcuni versi mi avvelena, per altri la sento come il posto ideale per creare. Da Torino si può ricevere molto.
Arte e attualità socio-politica in che rapporti sono?
Credo che l’arte abbia la possibilità di guardare anche e soprattutto oltre la condizione attuale delle cose.
Tra i giovani artisti italiani chi secondo te ha delle chance per emergere sulla scena internazionale?
Ha qualche chance chi riesce a muoversi molto. Più che il talento, almeno agli inizi, conta la situazione logistica. Se poi come “arte” non intendiamo soltanto l’arte visiva, allora penso che i maturi per la scena internazionale siano i Verdena.
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*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 46. Te l’eri perso? Abbonati!
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