Categorie: Personaggi

Addio ad Hans-Peter Feldmann, iconoclasta dell’arte concettuale

di - 5 Giugno 2023

Maestro iconoclasta dell’arte concettuale, sperimentatore dissacrante della materia visiva, collezionista compulsivo di immagini, cartoline, ritagli di stampa, Hans-Peter Feldmann è morto il 30 maggio, a 82 anni. A dare l’annuncio le sue gallerie di riferimento, 303 Gallery, Martine Aboucaya, Mehdi Chouakri Berlin, Konrad Fischer Galerie, Simon Lee Gallery, Galerie Francesca Pia, Projecte SD, Galerie Barbara Wien. «La sua personalità unica e la sua comprensione artistica del mondo in cui viviamo rimarranno vive nell’arte che si è lasciato alle spalle», si legge nella dichiarazione congiunta diffusa dalle gallerie. «I nostri cuori e pensieri sono con la sua amata moglie Uschi, con la quale ha condiviso l’arte e la vita per molti anni».

Non amava definirsi come artista ma la sua ricerca ha influenzato molte generazioni di autori e ha ottenuto ampi riconoscimenti: partecipò a due edizioni della Biennale di Venezia, a un’edizione della Biennale di São Paulo e un’edizione della Biennale di Gwangju. Ha avuto una retrospettiva al Museum Ludwig nel 2003 e nel 2007 è stato incluso in Skulptur Projekte Münsternel, mentre nel 2021 una grande mostra a Hong Kong ne celebrava la carriera.

Hans-Peter Feldmann e Massimo Minini, 2007

«Anche lui, come me, ama fare elenchi di immagini, cataloghi di ritagli, di cartoline con i fiori, gente che salta, nuvole che trascorrono», così lo ricorda il gallerista Massimo Minini. «Io faccio elenchi di pittori e scultori ed architetti del passato e del presente, elenchi di cose da fare. Esercitiamo mestieri diversi, ma li affrontiamo con attitudine simile; anche a lui piace giocare, ama le ombre: alla Biennale di Venezia, nel 2009, ha allestito una meravigliosa stanza di ombre che ruotano e creano un effetto di sogno ipnotico. Un vero incantatore di serpenti».

Nato nel 1941 a Düsseldorf, studiò pittura all’Università delle arti e del design industriale di Linz in Austria, ma avrebbe abbandonato quel mezzo espressivo alla fine degli anni ’60.  Durante gli anni ’70, Feldmann partecipò a due edizioni di Documenta a Kassel, consolidando la sua reputazione nella scena artistica del Paese. Si fece conoscere nel mondo dell’arte in quel periodo, componendo una serie di libri che riunivano fotografie ritrovate da fonti eterogenee, richiamando eventi autobiografici ma condivisi.

Nella Germania del Dopoguerra, periodo in cui Feldmann trascorse l’infanzia e la prima giovinezza, le immagini erano rare. Fin da bambino decise che le avrebbe raccolte, ritagliate da stampe di ogni genere, insieme a fotografie private, senza alcuna gerarchia. Questa colossale collezione costituisce la materia prima del suo lavoro, basato su operazioni di assemblaggio o archiviazione, sotto forma di serie, installazioni ed edizioni. Nel corso degli anni è diventato sempre più noto nel mondo dell’arte come fotografo.

Tra il 1994 e il 1997 realizzò la serie “100 Jahre”, 100 anni, che inizia con un bambino di otto settimane e termina con l’immagine di un centenario sorridente. Le persone ritratte da Hans Peter Feldmann sono di diversa estrazione e provenienza, parenti, amici, conoscenti e, da una foto all’altra, che il soggetto sia seduto o in piedi, la posa difficilmente cambia. L’unico principio regolatore, però, è la cronologia, il passaggio del tempo. Negli anni ’90 ha pubblicato due libri, entrambi intitolati Voyeur, che contenevano una vasta gamma di immagini, dalla documentazione di incidenti aerei ai nudi.

Nel 2011, diventato l’artista più anziano a vincere l’importantissimo Hugo Boss Prize promosso dal Museo Guggenheim di New York, appuntò il premio di 100mila dollari alle pareti dell’istituzione, in banconote da 1 dollaro.

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