Brigitte Bardot, 1962
La scomparsa di Brigitte Bardot, avvenuta oggi all’età di 91 anni, segna la fine di una delle figure più celebri e influenti della cultura visiva del Novecento europeo. Attrice, icona, corpo simbolico e dispositivo culturale prima ancora che interprete cinematografica, Bardot ha attraversato cinema, moda e costume con un impatto che ha superato i confini dello schermo, incidendo in modo duraturo sull’immaginario collettivo.
Nata a Parigi nel 1934, Brigitte Anne-Marie Bardot debutta giovanissima nel cinema, ma è con Et Dieu… créa la femme (1956) di Roger Vadim che il suo volto e il suo corpo diventano immediatamente un fenomeno globale. Il film inaugura una nuova rappresentazione della femminilità: sensuale, autonoma, sottratta alle convenzioni morali e narrative dell’epoca. Bardot non interpreta semplicemente un personaggio, ma introduce una postura, un modo di stare in scena che rompe con la tradizione del cinema classico e anticipa le trasformazioni culturali degli anni Sessanta.
Nel corso di una carriera che conta 56 film, la diva, nota al mondo come BB, lavora con alcuni dei principali registi del cinema europeo, da Henri-Georges Clouzot a Jean-Luc Godard, da Louis Malle a Jacques-Louis Audiberti. Tra gli indimenticabili Piace a troppi (1956), Babette va alla guerra (1959), La verità (1960), Viva Maria! (1965), Il disprezzo (Le Mépris, 1963) di Jean-Luc Godard, Shalako (1968), fino a Don Giovanni (1973) il film che chiuderà la sua carriera cinematografica. Tuttavia, il suo contributo non si esaurisce nella dimensione attoriale. Bardot diventa rapidamente un’immagine-chiave, un riferimento estetico che travalica il cinema per imporsi nella fotografia, nella moda, nella pubblicità, contribuendo alla nascita di una cultura visiva moderna, seriale, riproducibile.
Il suo corpo — esposto, desiderato, discusso — diventa terreno di confronto pubblico, simbolo di emancipazione ma anche di conflitto. Come nel caso della moda del bikini, che fu lei a sdoganare una volta per tutte. In questo senso, Bardot rappresenta una figura centrale per comprendere la relazione tra spettacolo, genere e potere mediatico nella seconda metà del Novecento. La sua immagine anticipa la logica della celebrità contemporanea e il ruolo dell’icona come costruzione collettiva.
Nel 1973, Bardot sceglie di ritirarsi definitivamente dal cinema, interrompendo una carriera ancora centrale per l’industria culturale europea. Il ritiro segna un passaggio netto: dalla visibilità dello schermo a quella, altrettanto mediatica, dell’impegno civile. A partire dagli anni Ottanta, Bardot diventa una delle figure più note dell’attivismo animalista internazionale, creando nel 1986 la Fondation Brigitte Bardot. Questa seconda fase della sua vita pubblica contribuisce a ridefinire la percezione della sua figura, spostandola dal mito cinematografico a una presenza politica e controversa.
«Interrompendo spesso le politiche di avanzamento della legislazione, condannando gli abusivi, effettuando salvataggi quotidiani, sensibilizzando il pubblico in generale, la Fondazione è a sua volta considerata un riferimento globale che Brigitte Bardot ha voluto per garantire la sostenibilità degli animali», si legge nella nota promulgata dalla fondazione, che ha dato l’annuncio della scomparsa dell’attivista. «La Fondazione Brigitte Bardot vuole salutare la memoria di una donna eccezionale che ha dato tutto e rinunciato a tutto per un mondo più rispettoso degli animali. La sua eredità continua a vivere attraverso le azioni e le battaglie che la Fondazione porta avanti con la stessa passione e fedeltà ai suoi ideali».
Negli ultimi decenni, infatti, Bardot è stata al centro di polemiche legate a dichiarazioni pubbliche considerate divisive. Questi elementi hanno progressivamente complicato la lettura del suo lascito, introducendo una frattura tra l’icona storica e la figura pubblica contemporanea. Una tensione che riflette, più in generale, la difficoltà di separare l’eredità culturale di un’immagine dalla biografia e dalle posizioni di chi l’ha incarnata.
Resta tuttavia centrale il ruolo di Brigitte Bardot nell’immaginario collettivo. Più che diva nel senso tradizionale, Bardot è stata un dispositivo visivo capace di catalizzare desideri, paure e trasformazioni sociali. La sua influenza è rintracciabile tanto nel cinema quanto nelle arti visive, nella fotografia di moda, nella pubblicità e nella cultura pop, dove il suo volto continua a essere citato, rielaborato, archiviato.
Con la sua morte, si chiude una stagione fondamentale della storia dell’immagine del Novecento. Ma il segno lasciato da Brigitte Bardot resta attivo: non come nostalgia, bensì come nodo critico attraverso cui leggere il rapporto tra corpo, visibilità e rappresentazione. Un’eredità complessa, stratificata, che continua a interrogare il presente.
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