Categorie: Personaggi

MILANO FINAZZER FLORY

di - 30 Gennaio 2009
Entriamo subito nel merito. Il suo programma a Milano per l’arte contemporanea.
Parto dal presupposto che occorra chiedersi in che direzione procedere. Per me, si deve andare sia avanti che indietro: indietro, perché bisogna “fare” la storia dell’arte contemporanea, tentare di comprendere l’arte che finora non abbiamo compreso per capire cosa sta succedendo oggi; avanti, perché dobbiamo cercare nuovi orizzonti nei quali siano comprese anche le nuove tecnologie. Mi piacerebbe ad esempio fare una mostra di videoinstallazioni per ragionare e riflettere sul rapporto tra estetica e tecnica. Oggi lo trovo indispensabile.

Il difetto meneghino che vuole correggere subito.
Milano deve “fare sistema”, e lo dico senza retorica. Credo fermamente che sia indispensabile creare un coordinamento tra galleristi, collezionisti, mercanti d’arte, critici e artisti senza dimenticare il pubblico. Agli artisti, in particolare, soprattutto giovani, bisogna offrire visibilità rompendo il mercato dei soliti noti. Purtroppo è ormai passato il concetto che il bello debba per forza costare molto, e che quindi se un’opera costa molto automaticamente è bella. Ma chi l’ha detto? L’arte è arte in sé, nel momento in cui si quantifica il valore dell’arte contemporanea in denaro, la storia è bell’e finita.

Scacco alla crisi di idee in due mosse. La prima?

Investire molto sulla formazione. A gennaio al Pac ho organizzato un ciclo di incontri sul tema Che cos’è il contemporaneo. Alla fine ci sarà un dibattito al quale potrà intervenire anche il pubblico. L’arte e la cultura non possono viaggiare a compartimenti stagni.

La seconda?
Ho creato subito una Commissione per la Liberazione della Cultura e ho chiamato a parteciparvi trenta intellettuali che stimo molto e che credo daranno un impulso decisivo al rilancio culturale di Milano. Come artista ho invitato Debora Hirsch, che esprime alla perfezione il tipo di figura alla quale guardo in questo momento. Brasiliana di nascita ma milanese d’adozione, ha una formazione scientifica ma come artista è poliedrica e ama sperimentare ed esprimersi con linguaggi tra loro diversi. Proprio come ho sempre fatto io.

Problema spazi. O mancano, o sarebbero da rilanciare. Da dove cominciamo?
Dal Pac. Molto sinceramente, penso che debba essere ripensato con una strategia che proceda secondo un doppio binario: da un lato, deve tornare a ospitare mostre non scontate ma originali sia per forma sia per contenuto; dall’altro, deve essere reso internazionale, diventare un po’ il laboratorio del nostro mondo, che cambia in continuazione.

Museo del Novecento di Italo Rota, a che punto siamo?
Il Museo del Novecento è molto atteso perché offrirà a Milano un luogo di rappresentazione della modernità , di una storia aperta alla libertà. Perché siamo tutti figli del Novecento. Sarà un museo connesso non solo idealmente ma concretamente al contesto urbano al fine di una fruttuosa interazione con gli altri asset culturali della città. Verrà inaugurato entro il 2011, quasi certamente nel 2010. La parte della collezione che riguarda il primo Novecento è di grande valore e non vi è dubbio che in questo museo sarà anche protagonista Lucio Fontana, presente con opere impareggiabili.

Cosa sarà, invece, la Città delle Culture di David Chipperfield negli spazi dell’ex-Ansaldo? Il cantiere procede regolarmente?
La Città delle Culture in primo luogo è Milano. Gli spazi dell’ex Ansaldo potrebbero riconoscere finalmente che l’identità di questa città è plurale, non indifferente alle differenze. La riconversione creativa di un’area industriale è la grande occasione per ripensare alla parola cultura attraverso una logica capace di coniugare l’estetica e l’etica delle idee e delle opere. Naturalmente il progetto oggi soffre di una scena internazionale e nazionale che dal punto di vista economico e finanziario non è favorevole, ma è nostra volontà andare avanti con determinazione.

A proposito di nuovi spazi, è in costruzione la Fondazione Prada, a opera di Rem Koolhaas, e sono in piena attività le fondazioni Pomodoro e Trussardi. Qual è il giudizio sul lavoro dei privati in città e come imposterete una collaborazione?
Le fondazioni non sono solo dei soggetti privati, ma hanno iscritto in se stessi uno statuto di relazionalità con il territorio. Il terreno di collaborazione tra il pubblico e il privato non può che essere perciò proprio il territorio interpretato attraverso simboli e segni in grado di fornire fattori di sviluppo al contesto urbano. Ovviamente ritengo non solo legittimo ma doveroso il fatto che venga riconosciuta all’Istituzione che rappresento il compito di disegnare strategie e offrire sistemi culturali al fine di facilitare la produzione creativa delle Fondazioni.

Gli eventi top dell’immediato futuro.
Punteremo moltissimo, com’è logico, sul Futurismo, visto che nel 2009 ricorre il centesimo anniversario dalla pubblicazione del Manifesto di Marinetti. Abbiamo in programma la grande mostra di Palazzo Reale, ma sarà solo uno degli oltre cento eventi che faranno rivivere il Futurismo in maniera significativa e suggestiva in tutta la città, dal centro alle periferie. Musica, teatro, letteratura, danza in luoghi inaspettati. Per dare una visione poliedrica e sfaccettata di un movimento artistico che è stato centrale per Milano e ancora oggi non ha smesso di esercitare la sua influenza. Poi all’inizio della primavera, il 21 marzo, ci sarà la prima Giornata della Lettura: tante iniziative per riscoprire il piacere del libro che raggiungeranno il culmine nella “Notte bianca” con letture in biblioteca a lume di candela.

E per l’arte contemporanea?
A maggio un grande appuntamento dedicato al rapporto tra scienza e arte contemporanea.

Giudizio secco sul suo predecessore, Vittorio Sgarbi.

Senza polemica: lo Sgarbi uomo è molto migliore dell’immagine che egli dà di se stesso. Da assessore si è mosso sempre cercando di attirare l’attenzione su Milano, ma io credo che se questo è stato possibile, è perché Milano è bella in sé e per sé e ha molto da offrire di suo. L’ho scoperto anche io raccontando le bellezze inconsuete di Milano in una serie di libri pubblicati da Skira.

Quindi andrà coi piedi di piombo…
No! Anche io oso e sono, per così dire, temerario… Ma i rischi che voglio correre sono su cose concrete. In direzione della formazione in primo luogo, e della creazione di un lavoro di équipe che sia in grado, come dicevo prima, di “fare sistema”. Poche chiacchiere, insomma, e rimboccarsi le maniche.

Il suo motto?
Una frase di Pascal che amo molto: “Per conoscere le parti bisogna conoscere il tutto, per conoscere il tutto bisogna conoscere particolarmente le parti”. Ogni parte di Milano ha già in sé un’idea della città. Non resta che individuarla e svilupparla.

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Liberazione della cultura, da esterni un comitato per dialogare con l’assessore Finazzer Flory
Celant al Pac

a cura di elena percivaldi


*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 54. Te l’eri perso? Abbonati!

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