CHI È SENZA PECCATO… |

di - 3 Dicembre 2009
Di fatto la crisi continua a tener banco e a influenzare
non solo il mercato collezionistico, ma i programmi culturali di enti e
istituzioni, il dibattito della critica, gli indirizzi editoriali degli organi
di stampa. L’opinione comune è che bisogna tener duro, resistere e aspettare la
tanto agognata ripresa, che ad elastico oggi s’avvicina e domani s’allontana.
La reazione tarda a concretizzarsi, osteggiata in primo
luogo dall’ostinata convinzione che si possa tornare all’età dell’oro, quando
invece si dovrebbe pensare a come scongiurare nuove derive speculative.
Credevamo di aver parlato d’arte in questi anni, invece
stavamo solo facendo economia, questa è la morale. Un’economia rivelatasi alla
fine fallimentare, malata e deviata.
Quanto le vicende economiche stiano determinando
l’andamento dell’arte lo vediamo anche dalla quantità di previsioni, opinioni,
resoconti e analisi che riempiono le pagine della stampa specializzata. Sul
numero di ottobre di Frieze, importante perché coincidente con la celebrazione
dell’omonima fiera londinese, nell’approfondimento Show me the Money: How do
we visualize the economic crisis
, Nina Power e Michael Sayeau si interrogano sulle
strategie comunicative utilizzate dai media per rappresentare la crisi
economica nelle sue ricadute sulla vita quotidiana. Di qui le immagini dei
dipendenti licenziati della Lehman che fanno fagotto, dei baraccati che han
perso casa, delle code alle banche. La crisi macroeconomica assume così
contorni drammatici e umanizzati, transitando dall’economia reale a una realtà
dell’economia che però costituisce solo una conseguenza evidente del fenomeno,
l’astrazione di un fallimento ben più profondo, strutturale e radicale del
capitalismo occidentale e del mito della globalizzazione.
Da questo scenario gli operatori del mercato dell’arte non
possono chiamarsi fuori né considerarsi pertanto vittime sacrificali. Essi non
solo ne hanno accettato le regole ma le hanno cavalcate fino in fondo: aprendo
le braccia agli hedger e a finanzieri senza scrupoli, celebrandoli come il
collezionismo del nuovo secolo, moltiplicando i prezzi a ritmo esponenziale, alimentando
la ricerca di talenti sempre più precoci, inventando nuovi mercati da cui
attingere presunte star esotiche sbucate dal nulla, riducendo l’arte a una
grande fabbrica di spettacolo.
Per tutto ciò l’atteggiamento attendista del sistema
dell’arte, alla finestra in attesa che la crisi passi, quasi ne fosse vittima
innocente, è assolutamente fuori luogo. È opportuna invece una sincera presa di
coscienza, una seria assunzione di responsabilità e un conseguente ripensamento
del proprio ruolo, delle strategie da mettere in atto nel tempo a venire, delle
modalità e infrastrutture con cui l’arte viene veicolata.
Anche su Artforum la crisi è un argomento gettonato. Nel numero di
settembre Tim Griffin, a un anno dal collasso di Lehman Brothers, si augura che
la crisi restituisca l’arte alla riflessione critica che si era arenata in una
sorta di stallo. In effetti, se è vero che la critica non ha quasi per nulla
contribuito dal punto di vista intellettuale ad avvalorare le scelte del
mercato dell’arte in regime di totale asservimento alle regole del potere
economico, non tanto per volontà propria ma per la mancanza di tempi e
condizioni tali da permettere una seria attività di questo tipo, d’altro canto
è altrettanto vero che raramente si è sentita qualche voce autorevole mettere
in dubbio il valore culturale di scelte dettate da meri interessi speculativi e
finanziari.
Così i critici riciclati come curatori hanno finito per
abdicare all’attività intellettuale per specializzarsi nel marketing da
vetrinista.
Prima di “fare mondi”, per usare il motto di Birnbaum,
dovremo ricominciare a “pensare mondi”.
E da dove ripartire? Per continuare in questo breve ma
curioso excursus editoriale, apparirà quantomeno singolare trovare in primo
piano, sul numero corrente di Artforum, estratti da Commonwealth, il nuovo saggio di Toni Negri e
Michael Hardt, non propriamente pensatori del sistema dell’arte o analisti
economici in senso stretto, certamente non amici del cosiddetto mercato
liberista. Dal loro pensiero prende le mosse la riflessione di Okwui Enwezor,
già direttore di documenta 11, che sposa la visione critica della dittatura del
capitalismo globale, il concetto di “deterritorializzazione” e rileva sul
fronte artistico un senso di malessere diffuso e di attesa per una risposta
ritardata a un fallimento annunciato.
Ma quel che più conta è che Enwezor sostiene pienamente
l’idea che lo scenario recente abbia indotto a una progressiva sovrapposizione
dei piani economico, politico e culturale. Come a dire che nessuno è innocente di
fronte alla crisi e “chi è senza peccato…”.

alfredo sigolo


*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n.
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Visualizza commenti

  • Ma non ti accorgi che ripeti sempre le stesse formule imparate a memoria. Vorrei farti notare che dicendo "Il 900 è troppo ingombrante, bisogna tagliare i fili" il tuo pensiero può essere tradotto con non mi interessa di studiare/capire/analizzare. Su quali basi si possono analizzare sistemi complessi senza sapere cosa significhino, senza conoscerne la storia? Non sarebbe meglio che studiassi un pochino? La tua prosa potrebbe trasformarsi in qualcosa di più comprensibile e la tua insofferenza verso un sistema che, come molte cose in Italia, sfiora spesso il ridicolo, potrebbe essere molto più incisiva.

    Se avessi studiato non potresti pensare che "Inviare le pizze è un' iniziativa oltraggiosa. Infatti va inorrideire i "ben pensanti"."

    Scrivi... "Tutto questo non si può fare all'interno del "professionismo" dell'arte "... e allora perché scrivi sulla più importante rivista del settore?

    Caro Pizza Rossi non ti preoccupare, smetterò di fare il grillo parlante: per quello che scrivi e per tutto l'egocentrismo che trasuda (sono 7 o 8 mesi che io...) non mi permetterò più di contraddirti. buona pizza

  • Cara Palombella,

    io ho studiato molto. Dico che una volta che uno ha studiato dovrebbe dimenticare tutto per analizzare alcuni fenomeni senza sovrastrutture. La cosa non è certo facile, si tratta di una tensione verso uno stato particolare. Non faccio altro che estremizzare l'egocentrismo e l'autoreferenzialità del sistema. Ma lo faccio in modo dichiarato, come fosse uno strumento e non un fine. Lo so. Anche questo non è politicamente corretto. Ma mi sembra più interessante in questa fase. Meno ipocrita di farlo in modo subdolo attraverso giochini che ricadono sempre sugli stessi nomi. In fine, non mi sembra di essere dentro al "professionismo" se scrivo su flash art. Bisogna vedere cosa scrivo e a quali condizioni. Evitiamo di fare di tutta l'erba un fascio. Per il resto...repetita iuvant!

  • caro Rossi,
    scusa ma ho una sensaz di claustrofobia data forse dalla ristretezza dei riferimenti:
    sempre lì a parlare delle solite beghe italiche!
    e chi tiene duro? io penso piuttosto chi si affida all'attimo eh sì:
    studia di più , non basta non adagiarti: troppo comodo! se ti fanno scrivere su flash hanno capito che non sei pericoloso
    ti auguro di diventarlo ma per questi devi essere credo meno flash, quindi respiro lungo non ci sono scorciatoie

  • Mi sembra di sentir parlate un politico, caro Antonio. Procedo d'istinto, non so se sono pericoloso e non so se mi interessa esserlo. Bisognerebbe cancellare anche questo animo rivoluzionario anacronistico e che " entro vi rugge". Veramente non parlo solo di Italia ma di una situazione generale. Ma ripeto, ognuno vede quello che vuole.

  • Crisi o non crisi i valori che possono coinvolgere gli operatori di arte unitamente agli autori sta nella pigrizia di cercare e scovare chi rintanato opera nel silenzio,non certamente per sporca demagogia o presunzione ma solo perchè manca un rinnovamento di fra gli addetti ai lavori e non fra gli artisti,i quali sono lasciati al loro destino di esuli.
    Non tutti sono quatati a fare da se,purtroppo chi fa da se,non solo meriterebbe di non essere considerato ,in quanto rovina la sua reputazione e quella degli addetti ai lavori,ma combina confusione e disagio.

    La tanto strombazzata BIENNALE d'ARTE di FIRENZE,di tutto rispetto per tutti quegli imprenditori che hanno partecipato a pagamento per sponsorizzare i propri autori, ha esteso anche agli autori l'invito dietro pagamento a partecipare e questo è dannoso,per non dire skifoso.

    Un autore povero che ha fallito solo ed esclusivamente per le note sopra riportate.
    http://www.orizzontearte.it

  • parlo come un politico? quale genere di politico scusa? non certo il genere di chi spaccia demagogia o illusioni x prendere voti: mi sa che ha ragione palombella quando dici che usi frasi fatte...
    io commentavo quello che ha scritto Sigolo che citava Enwezor, negri ecc, di cosa dovevo parlare allora? del gusto del gelato alla liquirizia? la questione era politica o no? se uno mi definisce un certo studio come fondamentale è legittimo fare qualche comparazione di questo con altro, no? o questo secondo te è ragionare x sovrastrutture? ma sei scemo?
    tra l'altro non entri in merito di quanto ho detto in dettaglio mi pare: tra l'altro ho citato autori viventi e attualissimi ,politologi economisti e filosofi ,che si occupano di questioni mi pare molto piu interessanti delle beghe da cortile del piccolo art world che ne è solo l'epifenomeno,( checchè ne credano le legioni di aspiranti "artisti di successo").
    e poi io leggo anche toqueville , burke e hobbes anche se non sono del 900 pensa un po e flash art al massimo la leggiucchio, scusa ho altro da fare...

  • Antonio, mi riferivo al fatto che mi incitavi ad essere "pericoloso" per flash art e per il sistema. Non alle citazioni. Avete tutti questa mentalità "politica" fatta di strategie, di obbiettivi e finalità da raggiungere. Forse un procedere più sincero e istintivo basterebbe senza scomodare hobbes e compagnia bella.
    Non mi si accusa di frasi fatte ma di ripetere le mie frasi. E io lo faccio apposta! ; )

  • Strategie? boh
    mai pensato di abbattere flash art a colpi di hobbes!
    compagnia bella ? sincerità? se ti ripeti ripeti comunque frasi fatte, mi pare che appena esci dal solito seminato vai un pò in crisi... comunque scusami ti ho fatto un test!

  • Se ci fosse più sincerità "sarebbe tutto così semplice..."
    Preferisco uscire dal seminato. Dai soliti giri prevedibili.

  • FLASH ART NON E' UNA RIVISTA DEL RISPETTO CHE MERITA,PER ANNI IL SUO DIRETTORE MI OSSESSIONAVA DIETRO INVITI A PAGAMENTO DI PUBBLICARE IL MIO OPERATO COME AUTORE.
    NON HO ALTRO DA DIRE E SE QUALCUNO IN MERITO VOGLIA DIRE QUALCOSA LO FACCIA CON UNA MANO SULLA COSCIENZA,ALTRIMENTI CONTINUI A FARE IL SUO MESTIERE DI PROCACCIATORE DI IMBECILLI E NON ROMPA LE SCATOLE CON LE SOLITE SBRODOLATURE DI CONFINE.

    P.S
    SIA INTESO CHE LE MIE NOTE NON SONO RIVOLTE AGLI IMPRENDITORI DI ARTE,A CUI VA TUTTO IL RISPETTO PER LE SPESE CHE DEBBONO SOSTENERE PER INTRODURRE UN AUTORE SUL MERCATO,E QUINDI E' GIUSTO PAGARE I SERVIZI DOVUTI,MA MI FA VOMITARE IL PENSIERO DI TUTTI QUEGLI AUTORI CHE DA SOLI SI PAGANO E SI COMPRANO CRITICI ED ISTITUZIONI,UN SISTEMA DI CUI STIAMO PAGANDO LE CONSEGUENZE:SPONSOR,GALLERISTI,CRITICI,COLLEZIONISTI.AUGURO A TUTTI COLORO CHE OPERANO COME AUTORI PAGANTI IL FALLIMENTO TOTALE DEL LORO PRODOTTO UNITAMENTE A TUTTI COLORO CHE HANNO INTESO SOSTENERLI,ACQUISTANDOLI.

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