L’ARTISTA TRONISTA |

di - 5 Aprile 2007

È difficile trovare un modello di riferimento possibile per l’artista di nuovissima generazione, considerato nell’insieme dei suoi comportamenti e del rapporto con il mondo che lo circonda. Si potrebbe pensare forse all’attor giovane del grande schermo -vedi Silvio Muccino o Riccardo Scamarcio-, con il suo appeal sbarazzino e le scorribande nei territori extra-cinematografici. Ma no, in fondo non sarebbe corretto, e soprattutto non terrebbe conto di alcuni fenomeni tipici dell’ultimo decennio.
Perché il vero modello è un altro, ben più complesso e, diciamolo pure, misterioso: il “tronista” televisivo. È da premettere che non c’è in questa comparazione nessuna volontà denigratoria o dispregiativa nei confronti dell’una e dell’altra categoria (il tronista e l’artista). Questa vuole essere semplicemente una riflessione distesa sulle caratteristiche di quella che si presenta come una vera e propria mutazione antropologica nel mondo dello spettacolo italiano, del quale l’arte rappresenta da lungo tempo ormai il distretto avanzato o, in termini più glamour, il “lab”.
Se diamo per acquisite queste premesse, non credo infatti che altrove sia possibile rintracciare il tipo esatto del tronista, almeno nelle dimensioni e nelle sfaccettature che esso ha assommato su di sé nel nostro Paese. Il (o la) tronista è infatti innanzitutto un VIP in sedicesimo, come dimostrano le figurine di Lele Mora: allegoria perfetta, ne sia consapevole o no l’ideatore, di una condizione tutta esistenziale.
Il tronista porta alle estreme conseguenze il principio-base del divismo televisivo e cinematografico, secondo il quale l’esposizione progressiva trasporta il personaggio in una dimensione altra rispetto a quella reale. La dimensione del tronista è esattamente a metà strada tra quella reale, quotidiana, e l’aldilà dell’immagine spettacolare. È fatta di tempi strettissimi, di tam tam a stretto giro, di ospitate pomeridiane e travasi nei reality della tv di Stato (quando ci sono). Poi basta. Tutto brucia velocemente, e tutto finisce altrettanto velocemente. Un precariato mediatico. In questo senso il tronista, con la sua aria spaccona ed insieme smarrita, con le sue impossibili magliettine e la vertiginosa approssimazione nel linguaggio, rispecchia fedelmente la società che l’ha prodotto. E ci dice anche parecchio sul suo collega artista, vagamente familiare nel look e solo apparentemente distante nell’immaginario.
Infatti, la provvisorietà non è il semplice effetto di un’evoluzione, ma il suo tratto costitutivo. Il tronista decide di puntare tutto sul qui e ora, su questa fama di breve gittata, senza dedicare alcun pensiero al futuro. Al massimo, con la vaga speranza di inserirsi in qualche modo nel meccanismo dello spettacolo. Così, l’artista-tronista sceglie più o meno consapevolmente una durata limitata (dai due ai tre anni) all’interno del mondo dell’arte, in una parodia, o versione condensata, della vecchia carriera.
Anche la dicotomia tra vero e falso, tra realtà e fiction che rappresenta il vero main theme della trasmissione Uomini e Donne, l’ossessione del pubblico in studio e di quello a casa, finisce per avvitarsi su stesso e svanire. Risucchiato da un livello ulteriore. Il tronista –e qui sta la principale differenza rispetto ad altre tipologie di microdivi- non è in alcun modo assimilabile all’attore, perché fingere, recitare una parte presupporrebbe già una volontà, più o meno costante. Piuttosto egli, comodamente posizionato già ben oltre il simulacro, “indossa” i caratteri e le personalità come fa con le sue t-shirt, uno per puntata. E queste differenti identità non si differenziano poi tanto l’una dall’altra, perché non è affatto necessario (e potrebbe anzi risultare dannoso, o comunque fastidioso): basta un’illusione di differenza, ottenuta attraverso il sovraccarico e la saturazione dei tratti emotivi, secondo la più pura scuola del reality (arrabbiato-arrabbiato, tenebroso-tenebroso, sdolcinato-sdolcinato).
In modo analogo, l’artista-tronista adotta per la giornata gli stili e i mezzi a sua disposizione, in modo ben diverso dagli altri citazionisti della storia più o meno recente, o dai multimediali tanto cari a Rosalind Krauss. Egli non monta né riusa i materiali di partenza, ma svuota tutto per creare l’apparenza di un’opera. Né si può parlare di post-post-concettuale, perché al contrario in questo caso la storia e i riferimenti –per non dire della critica- sono delle caselle morte, tutt’al più dei brani da scaricare.
L’opera diventa idealmente di cartone, o l’equivalente di un vestito: non è scomparsa, semplicemente non è più interessata ad affermare. Si modella piuttosto sui suoi corteggiatori. Siamo ben lontani, a ben vedere, anche dall’approccio fintamente minimalista e dalla facile ironia che avevano caratterizzato gli anni Novanta, nonostante la somiglianza fisica degli oggetti e delle performance: l’artista-tronista ha infatti definitivamente abdicato ad una visione, e ad una funzione, dell’arte.

christian caliandro

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 38. Te l’eri perso? Abbonati!

foto in alto: Nico Vascellari, Nodo Terziario, 2003 – 60 x 80 cm – stampa lambda, cornice in legno naturale

[exibart]

Visualizza commenti

  • mica male questo vascellari che ha fan e controfan! a me i fan non piacciono ma i controfan, poveracci!

  • Ma lasciate l'arte contemporanea a chi la sa fare e a chi ne può parlare veramente.

    Caliandro non esiste e non esisterà mai ne come critico ne come artista. Esiste solo come frustrato.

    Tutto ciò che ha scritto non c'entra nulla ma proprio nulla con chi lavora veramente nel mondo dell'arte contemporanea.

    Discorsi e parole inutili i suoi.

  • hai letto e visto di caliandro, da quanto si evince nel tuo commento. devi quindi essere o un masochista o un maniaco paranoico anticaliandro per perdere tempo su cose a tuo parere così inutili.

  • poche storie. invece di accapigliarvi su Vascellari, provate a leggere l'articolo: pezzo magistrale, profondo, arguto e P-I-A-C-E-V-O-L-E. chi offre di più?

  • anche di berlusconi.
    questo si che e' un punto di vista acuto: se si parla di qualcosa allora e' importante, filosofia spicciola stile iPod

  • bravo tre puntini dici una cosa esatta anche di berlusconi se ne parla
    il piccolo andrea è convinto che fare capricci
    e pestare i piedi per attirare l'attenzione sia una forma d'arte
    reaity art bene-bene mi piace questo accanimento
    su niente

  • e che Vascellari sarebbe un artista?interessante l'articolo,vero che da anni il sistema dell'Arte è sempre più strutturato come la televisione,ergo la qualità è un optional,come certi personaggi che escono dal GF e perchè no ,pure i tronisti...provate a vedere quello che passano certe gallerie,anche le più fighette,e ve ne renderete conto...

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