RISORGIMENTO BUIO

di - 3 Novembre 2010
Si avvicinano le tanto chiacchierate celebrazioni per il 150esimo
anniversario dell’Unità d’Italia e si moltiplicano le iniziative per
festeggiare, o almeno fare finta. Si organizzano fantomatiche mostre di
fotografie che vengono tirate fuori solo in occasioni come questa ma che a
pochissimi realmente interessano, vengono spolverati i tricolori che si
sventolano oramai soltanto in occasione dei Mondiali di calcio, si ritorna a
parlare di conflitto fra lo Stato e la Chiesa e si dà spazio ai vari
revisionisti, monarchici, neoborbonici e via dicendo.

Ma qual è davvero lo stato dell’interesse verso il
Risorgimento italiano? Sempre più dimenticata e ignorata come materia di
studio, nelle scuole si approccia tardi e spesso male. Non è un mistero,
infatti, che un gran numero di italiani abbia poca dimestichezza con tale
argomento e che in pochi conoscano davvero le tappe che hanno portato allo
storico evento, data dell’Unità d’Italia compresa.

Di chi è la colpa? Perché un argomento teoricamente così
affascinante e carico di avventura, di personaggi eroici, di avvenimenti e
situazioni epiche è generalmente percepito come noioso, pesante, polveroso? Forse
la colpa primaria è di chi ci ha preceduto, di chi ha sostenuto in maniera
eccessivamente retorica la celebrazione risorgimentale, dalla destra storica al
fascismo. La gran messe di piazze, vie, monumenti, toponimi dedicati a uomini,
fatti e luoghi ha finito con il nuocere, più che col giovare, alla conoscenza
del nostro passato, della nostra storia comune. Dal dopoguerra, tuttavia, le
forze principali di governo (cattolica) e di opposizione (marxista) hanno
preferito tralasciare la celebrazione risorgimentale, preludendo alla ostentata
voglia di oblio leghista. Qualcuno dirà: meglio la retorica (inguaribile) che
l’inosservanza (voluta).

Qual è oggi lo stato della comunicazione di tale glorioso e
sudato passato? Quanto ancora è forte il peso della retorica? Per provare a
capirlo, visitiamo uno dei luoghi fondamentali per lo studio e la divulgazione
della nascita della nostra nazione, vale a dire l’Istituto per la storia del
Risorgimento Italiano, ospitato all’interno del Complesso del Vittoriano a
Roma.

La struttura comprende un imponente archivio che vanta una
rilevantissima sezione iconografica, formata da fondi fotografici e disegni, e
dal Museo del Risorgimento, riorganizzato e riaperto al pubblico nel 2004. Qui
sono celebrate le tappe fondamentali della storia d’Italia, dalle riforme
settecentesche degli Stati preunitari della penisola sino alla Prima guerra
mondiale. In una grande sala, dominata al centro dall’imponente gruppo in gesso
che rievoca la battaglia di Castelfidardo (Vito
Pardo
, 1910), sono collocate teche che espongono cimeli e documenti
relativi ai grandi protagonisti del Risorgimento (Cavour, Garibaldi, Mazzini).
Nella galleria attigua, un doppio percorso espositivo propone sovrapposte le
tappe più importanti del cammino del Paese fino al 1918 ad altri apparati
espositivi legati a diversi temi storici, come il brigantaggio, la satira
politica, le armi, le medaglie, fino alla storia della lingua italiana con
documenti di sicuro interesse, come autografi di Leopardi e Manzoni.

L’impressione dello spettatore più attento è di trovarsi
dinanzi non a un sacrario ma a un accumulo polveroso di oggetti terribilmente
vecchi, non in un pantheon di eroi bensì in un sepolcreto lugubre e poco
illuminato. Perché, al di là di un poco vivace percorso didattico che appare
inevitabilmente retorico, a colpire sono soprattutto lo stato di generale
incuria e i tanti, inconcepibili, grossolani errori in fase d’allestimento. Come
l’utilizzo di materiali espositivi presi altrove e non progettati per gli spazi
della galleria, nonché la presenza di residui di vecchie mostre. Molte delle
vetrine che espongono cimeli e oggetti d’artigianato sono in parte buie poiché
alcuni dei faretti interni sono incomprensibilmente spenti o fulminati. Sempre
al buio sono poi alcuni pannelli recanti dei dipinti indecifrabili, mentre
altri ancora occultano parzialmente la vista di opere fissate al muro. Insomma,
un vero e proprio catalogo di come non
si dovrebbe allestire e curare un’esposizione, permanente o temporanea che sia.


Dunque, questo museo ha senza dubbio fallito il proprio
scopo, poiché nega al pubblico una corretta ed essenziale fruizione delle opere
esposte. Come mai allora vi si trovano tanti turisti? Probabilmente perché vi
capitano visitando il Vittoriano o le pompose ma spesso poco incisive mostre
che vi vengono ospitate, e vi accedono agevolmente perché l’ingresso è
gratuito. Giusto la curiosità per un paio di pantaloni indossati un tempo da
Garibaldi esposti in una teca o una lettera autogra di Giacomo Leopardi e si
avviano un po’ annoiati all’uscita.

E cosa dire poi del sito ufficiale, www.risorgimento.it? Nell’abituale povertà grafica di analoghi siti
italiani, anche qui ci si limita a tratteggiare solo il progetto di fondo,
tralasciando una più approfondita e soddisfacente descrizione di cosa il
visitatore recandovisi può incontrare. Un’utopia, poi, la digitalizzazione
delle immagini delle opere presenti, nonché una loro catalogazione online.
Diversamente, ad esempio, da quello dell’analogo museo milanese (www.museodelrisorgimento.mi.it).

La storia risorgimentale qui è al buio, e non solo
metaforicamente. Colpa dei tagli alla cultura e agli istituti? Sì, ma non solo.
Paradossalmente, la colpa principale non è di chi vorrebbe gettare un’ombra su
essa o negarla, ma proprio di chi dovrebbe tenere le luci accese sulla materia,
legato ancora a scelte progettuali vecchie e poco efficaci sul piano della
comunicazione e della valorizzazione, tragiche per un Paese come l’Italia. Il
Museo del Risorgimento di Roma diviene così esempio assoluto di due peculiari
difetti come la retorica e l’incuria. Speriamo dunque che le manifestazioni in
corso e in preparazione per il 150esimo anniversario – a Torino si terranno ben
250 iniziative e 5 mostre – siano più coinvolgenti e curate di un’esposizione
permanente come quella del Museo del Risorgimento di Roma.


Perché il popolo, il “grande assente” nel Risorgimento,
possa ora essere invece presente e cosciente. E, magari, ritrovare quella gloriosa
spinta laicista e liberale che era alla base dei movimenti rivoluzionari e
repubblicani che hanno portato all’Unità.

giulio
brevetti


Museo del
Risorgimento – Complesso del Vittoriano

Via di San
Pietro in Carcere (zona Fori Imperiali) – 00186 Roma

Orario: tutti i giorni ore 9.30-18.30

Ingresso libero

Info: tel. +39 066793598; fax +39 066782572;
www.risorgimento.it

[exibart]

Visualizza commenti

  • Bella idea e bell'articolo si.
    Il Museo del Risorgimento di Roma non è purtroppo lo specchio di quello che la maggior parte degli italiani ha in mente a proposito del Risorgimento: buio, confuso, non lineare, pieno di ostacoli... sembra, guardando le foto, un lavoro di Gregor Schneider.

  • ... mi piacerebbe che a questa interessante "prima puntata" ne seguisse una seconda, in occasione della riapertura del Museo Nazionale del Risorgimento a Torino... prendete nota!

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