Alla faccia del ‘900

di - 14 Ottobre 2013

Dall’Autoritratto di Kees Van Dongeen (1895), fino alla gigantesca e variopinta faccia di Arnold Arne Glimcher, mercante d’arte, dipinto da Chuck Close (1999-2000), il volto viene ritrattato secondo la sensibilità soggettiva dell’artista e si rinnova costantemente. Lo scoprirete andando al piano nobile di Palazzo Reale di Milano, dove corre il fremito delle avanguardie che hanno rinnovato la ritrattistica e la pittura. In questa cornice aulica è in corso la mostra “Il volto del 900. Da Matisse a Bacon. Capolavori del Centre Pompidou” a cura di Jean-Michel Bouhours, promossa e prodotta dal Comune di Milano- Cultura, Palazzo Reale, MondoMostre e Skira editore (che pubblica anche il catalogo) in collaborazione con il Musée National d’Art Moderne e il Centre Pompidou.
Scoprirete ottanta capolavori  dall’indiscutibile qualità pittorica che evidenziano l’importanza del tema centrale della nostra cultura visiva, della storia dell’arte di tutti i t empi: il volto e la figura umana, ritrattati nel corso del tempo in maniera antiestetica, oltre la soggettività. Gli artisti avanguardisti, anti classici, hanno sostituito l’apparenza con l’interiorità, l’estetica con la psicologia, il disegno con il colore, la forma chiusa con il non finito, fino alla distorsione dei tratti del volto, elementi non naturalisti e, con essi, il sentimento dell’inquietudine, della vulnerabilità dell’uomo moderno: temi cardine dell’ Espressionismo tedesco.

Il ritratto, dal 1899, dopo la pubblicazione dell’Interpretazione dei sogni di Freud, diventa specchio della mente, dell’inconscio, dell’animo e queste problematiche diventano il “corpo” della pittura, dall’Espressionismo ai Fauves, passando per il Cubismo, il Futurismo, il Surrealismo fino a Bacon,  il quale scardina totalmente la figura umana. Tale rivoluzione antistilistica è documentata dall’esposizione di opere magistrali di autori osannati dai media e di quelli ancora poco conosciuti, seppure dotati di grande talento, seguendo una disposizione non cronologica bensì tematica delle opere, dedicata ai modi di rappresentare non l’esteriorità, ma l’interiorità della psiche e le contorsioni della mente.
Finalmente a Palazzo Reale, si rivisita criticamente il Novecento in chiave cosmopolita, mettendo a confronto da una parte l’arte europea con opere provenienti da Parigi e dall’altra dal Withney Museum di New York. L’obiettivo è raccontare  le complesse dinamiche, i cambiamenti  sociali  e  culturali che hanno radicalmente modificato la storia nell’arte.
Al piano nobile di Palazzo Reale troverete l’Europa che ha esportato le avanguardie della prima metà del ‘900, con una carrellata di volti tra dipinti e sculture (mostra commentata in questo articolo), mentre al piano terra campeggia l’America, con l’esposizione di opere made in USA, dal titolo “Pollock e gli Irascibili” dedicata alla cosiddetta “Scuola di  New York”, di cui scriveremo prossimamente.

Nella prima metà del’ 900, Parigi era la capitale indiscussa delle avanguardie fin dagli Impressionisti (1874) e questo monopolio culturale si conferma con la mostra  “Il volto del ‘900 Da Matisse a Bacon”, suddivisa in sette sezioni dal curatore e conservatore del Centre Pompidou: I misteri dell’anima, Autoritratti, Il volto alla prova del formalismo, Volti in sogno. Surrealismo, Caos e disordine, o l’impossibile permanenza dell’essere. Dopo la fotografia, è la volta della disintegrazione del soggetto, da non perdere perché illustra l’evoluzione del genere del ritratto nel Novecento. Nella prima sezione, ipnotizza il ritratto di Yvette (1907-1908) di Chabaud dagli occhi e bocca bistrati di nero, abito a quadri e sguardo inquietante, questo e altri ritratti femminili, svelano il volto della donna moderna, padrona del proprio fascino erotico, rappresentata anche in pose impudiche, come nel Nudo sul divano (1912) di Marquet e l’Odalisca in pantaloncini rossi (1921) di Matisse. Seduce Rosetto (1910), una civettuola signorina che si tinge le labbra; è di sensuale eleganza il Ritratto di Dédie (1918) di Amedeo Modigliani, ammantata da un casto abito nero per esaltare il viso ovale dalle  gote arrossate e una bocca tirabaci a forma di cuore. In questa sezione cercate La Marocchina (2001) di Currin con dei grossi pesci in testa e dal volto anglosassone più che magrebino.

Nella seconda sezione, il tema è l’autorappresentazione dell’artista, in cui riconoscerete Bacon (con un autoritratto del 1971); emerge dal buio un ectoplasma: è l’Autoritratto (1988) di Music, mentre gli altri come Severini, Vlaminck e Delaunay usano il loro volto come presupposto di indagini  compositive in relazione alla spazio. La terza sezione è mozzafiato, una mostra nella mostra, raccoglie dipinti e sculture di teste che evocano maschere primitiviste e forme dinamiche cubo-futuriste di moda all’inizio del Novecento. Cercate la testa in bronzo di Maschera di Picasso (1913), di Pablo Gargallo, immortalato con un ghigno istrionico e il ciuffo scolpito sull’occhio sinistro. È irresistibile e misteriosa, fuori dal tempo, La musa Addormentata (1910) di Brancusi,  non si dimentica un ammasso di materia organica che rappresenta la testa di Jeannette IV (1910-11) di Matisse.
Arrivati alla quarta sezione, si sprofonda in una dimensione onirica, con opere surrealiste che esplorano l’ambiguità dell’ inconscio, dove fa capolino Lo stupro (1945) di Magritte, il volto di una donna dalla chioma bionda e manifesto della mostra, che ha due seni adolescenziali e casti al posto degli occhi e il pube rasato e pudico come bocca. In questa e in altre opere surrealiste, le allusioni all’erotismo, incentrate sull’energia vitale della sessualità che è alla base della  poetica di Breton, esplodono nel dipinto Testa Maschile (1935) dai colori abbacinanti di Mirò e una scultura dello stesso artista carica di simboli espliciti. Nella quinta sezione, il tema è il “caos e il disordine”, qui non potevano mancare Baselitz, Giacometti, Dubuffet, Fautrier e Bacon con il suo Ritratto di Michel Leiris (1976), icona della ritrattistica del secondo Novecento. Tra le altre opere non si dimentica per armonia compositiva e ricerca cromatica, il dipinto Donna con cappello (1935) di Picasso: guardatela bene e vedrete che questa signora, per quanto spigolosa, non è poi così brutta, ritratta dall’inventore di figure “oltre il  bello” per eccellenza.

La sesta sezione, ospita opere “dopo la fotografia”, ritratti che hanno superato il principio di obiettività a favore di una ricerca pittorica e formale. Seduce Kizette al balcone (1927), una Lolita dallo sguardo malizioso di Tamara de Lempicka, contrasta con l’etereo ritratto di una principessa dipinta da Laurencin stile anni ’20 e l’inquietante Ritratto di madame V.D.K (1962) di Raysse. Conclude il viaggio dentro il ritratto oltre i formalismi stilistici, la sezione dedicata  alla “disintegrazione del soggetto”, in cui prevalgono i nuovi media che dagli anni’60 smaterializzano il volto e l’arte. Inquietano Kurt Kren e Paul Sharits che trattano il volto come materia di ricerca, superando la soggettività e diventando presupposti di studio per le generazioni successive.

Jacqueline Ceresoli (1965) storica e critica dell’arte con specializzazione in Archeologia Industriale. Docente universitaria, curatrice di mostre indipendente.

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