Avvenimento, edizioni passate. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Ph. Giacomo Bianco
A pochi giorni ella conclusione della mostra Maria Helena Vieira da Silva. Anatomia di uno spazio (ne abbiamo parlato qui) e a chiusura del programma di attività educative collaterali, Collezione Peggy Guggenheim presenta martedì 9 settembre, dalle 19 alle 23, la terza edizione di Avvenimento, il format che conferma il desiderio originario di Peggy Guggenheim di creare un “laboratorio di ricerca per nuove idee… servendo il futuro invece di registrare il passato.”
Prendendo le mosse dal tema della mostra, che indaga lo spazio dello studio d’artista come ambiente intimo deputato alla creazione, Avvenimento #3 ha come sottotitolo Nos Bastidores do Estudo, ovvero dietro le quinte dello studio. Se già l’uso del portoghese vuole essere un omaggio alle origini di Vieira da Silva, l’adozione della parola “bastidores” ovvero “dietro le quinte” richiama il linguaggio teatrale per portare in primo piano ciò che solitamente resta nascosto: il backstage, inteso non solo come semplice spazio tecnico, ma come luogo di riflessione, preparazione, sospensione e intimità. Il dietro le quinte diventa allora uno spazio aperto, in continua evoluzione, che mette in luce i processi creativi più che i risultati finali.
Come? Il curatore Edoardo Lazzari l’ha concepito come un evento articolato in tre atti, ognuno dei quali trasforma gli spazi in un organismo vivo e mutevole attraversato dal pubblico che lo percepisce come un insieme di luoghi da abitare più che da osservare, mentre l’allestimento – a cura di Cosimo Ferrigolo – trasforma il giardino in un set cinematografico a cielo aperto in cui dispositivi tecnici, luci, strutture, apparati non celano il loro funzionamento ma rivelano l’infrastruttura, facendosi parte attiva della drammaturgia.
L’Atto I, articolato in due interventi che accolgono il pubblico in una dimensione di ascolto e partecipazione, apre la serata e vede il coinvolgimento del collettivo Royal Divorce, che presenta Il primo respiro sulla terra e il suo conseguente sublime collasso, una performance – esito del laboratorio di drammaturgia che si tiene in museo tra l’6 e l’8 settembre – che esplora gli spazi liminali della memoria online, tra commenti su YouTube, empatia algoritmica e archivi affettivi. Luca Gerry Conte propone invece Solve et Coagula, un’installazione gastronomico-performativa in cui il pubblico è invitato a trasformare elementi edibili in materia alchemica.
Segue il momento dell’Intermezzo, affidato a Rac Montoro, artista trans non binario e ricercatore indipendente, che con A Trouble at Night is Not Your Karmic Wound propone una lecture-performance sulla figura astrologica di Chirone per riflettere, a livello corale, sulla sulla vulnerabilità e sulla possibilità di una guarigione collettiva. Chiude l’Atto II, che si svolge nel giardino del museo, ed è composto da tre apparizioni che indagano la relazione tra corpo, affetto e memoria. Teodora Grano presenta Daughters, una performance che riflette sulla genealogia femminile e sulla possibilità di riscrivere le forme della filiazione e dell’intimità, attraverso la parola, il gesto e la danza. Annamaria Ajmone, coreografa e danzatrice, insieme a Fabio Quaranta, attiva una performance site-specific in cui il corpo diventa misura e motore dello spazio: in dialogo con l’architettura del giardino e con il pubblico, la danza si genera in tempo reale come esperienza percettiva collettiva. Chiude Sofia Naglieri con Devozioni per occasioni di emergenza, un racconto performativo sulla malattia e sul dolore, in cui il corpo diventa archivio sensibile, strumento di narrazione e soglia tra fragilità e resistenza.
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