Benvenuti nel mondo fluttuante di Edo |

di - 15 Ottobre 2016
Non è la prima volta che Milano dedica mostre al Sol Levante, ma questa più delle precedenti è incentrata sul perché le immagini del “mondo fluttuante” abbiano sedotto l’Occidente, e quali sono i generi e l’iconografia della cultura Edo e della città omonima che nel Seicento era la più popolosa al mondo. Oltre 200 opere su carta provenienti dall’Honolulu Museum of Art, tra le collezioni di arte giapponese più importanti nel panorama internazionale di un’eleganza rarefatta, sono raccolte nella mostra “Hokusai, Hiroshige, Utamaro” (a cura di Rossella Menegazzo, fino al 29 gennaio, prodotta da Comune di Milano-Cultura e Mondo Mostre Skira), ideata in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dalla firma del Trattato di Amicizia e Commercio tra Giappone e Italia, suggellato nel 1866, come l’opera Madama Butterfly di Giacomo Puccini, che inaugura il 7 dicembre la stagione del Teatro alla Scala.
L’esposizione è un’occasione unica per viaggiare virtualmente in Oriente, e l’immersione onirica comincia dall’entrata, grazie a un allestimento raffinato e minimalista, in legno chiaro e blu, con pareti che evocano i paraventi delle abitazioni giapponesi, per creare una dimensione fluida, Zen, sospesa tra sogno e realtà.

Nella lingua giapponese la parola che contiene la ricerca di bellezza, di armonia, di raffinatezza ed effimera sensualità è ukiyoe, termine musicale e poetico che significa “mondo fluttuante”, dove secondo la tradizione buddista yo è il pieno e uki indica il concetto transitorio del mondo e di caducità della vita soggetta alla sofferenza della morte, si fondono in un intreccio armonico come yin e yang, la luce e l’ombra. Questa è un tipo di stampa artistica su carta impressa con matrici in legno nata nel periodo Edo (1603-1868), dato il successo riscosso in Giappone e all’estero.
A Palazzo Reale l’esposizione non segue un percorso cronologico, ma raggruppa le opere per temi, dove si mettono a confronto tre massimi interpreti della linea fluida che raccontano l’Oriente attraverso paesaggi, vedute naturali, scene di vita quotidiana e urbane, ritratti femminili di enigmatiche geishe e cortigiane delle case dei piaceri, divi del teatro kabuki, immortalati sul palcoscenico e dietro le quinte durante i preparativi dello spettacolo. Si colgono le trasformazioni culturali, le mode e i costumi e una nuova sensibilità per l’arte delle nuove classi borghesi dei commercianti, artigiani professionisti dell’epoca Edo. Sono  gli arricchiti, gli acquirenti di stampe e silografie, opere su carte di medio e piccolo formato economicamente più accessibili di quelle di grandi dimensioni della corte imperiale, adatti per ambienti modesti della classe media che conquistarono anche i samurai. Ebbero un’immediata diffusione fogli sciolti o in serie, rilegati nel formato dell’album, libri di poesia o di racconti illustrati, silografie policrome replicate in centinaia di copie, che incentiveranno l’editoria e i ventagli pieghevoli o rotondi, prodotti in serie facilmente esportabili in Occidente, già dalla seconda metà dell’Ottocento, quando Van Gogh, Manet, Monet, Degas, Toulouse-Lautrec e gli affiches (manifesti teatrali e pubblicitari) ereditarono il potenziale espressivo ed estetico della pittura ukiyoe, dal tratto sinuoso che influenzò l’Art Nouveau e la grafica Liberty, dando vita al fenomeno del Japonisme.

Dalla seconda metà del XIX secolo, conquistano l’Europa le stampe e i paesaggi di Katsushika Hokusai (1760-1849), personaggio eccentrico, geniale innovatore che mise al centro della sua ricerca artistica l’uomo, la sua quotidianità e insieme vulnerabilità, successivamente si concentrò sul paesaggio, sulla natura come specchio dei sentimenti in linea con la sensibilità romantica europea.
È un’icona universale la sua Grande Onda (Kanagawa oki namiura, 1830-32 circa), opera pop rivisitata da Andy Wharhol e da molti altri artisti contemporanei fino a Ai Wieiwei, che ha proposto una rielaborazione dell’onda in porcellana esposta in questi giorni a Palazzo Strozzi a Firenze. Sono di fama internazionale anche le Trentasei vedute del monte Fuji (1830-32 circa): una serie di silografie che segnarono un punto di svolta della carriera artistica di Hokusai per l’uso del colore blu di Prussia, con effetti brillanti e trasparenti, come lo vedete in mostra. Soffermatevi sulla serie di insetti e fiori, come visti sotto la lente e vibranti di vita, del maestro dell’ukiyoe: sono un inno alla bellezza della natura. Ipnotizzano per levità vedute dei suoi ponti delle province giapponesi dai nomi poetici, leggeri come nuvole. Incantano anche le cascate dipinte da Utagawa Hiroshige (1797-1858), l’altro celebre paesaggista del mondo fluttuante, rappresentate da due punti di vista: uno frontale che coglie la potenza dell’acqua, lo strapiombo e le rocce che la racchiudono, e l’altro a volo d’uccello. Si viaggia in Oriente grazie a queste “cartoline” ante litteram, che racchiudono l’ineffabile mistero delle cose, manifesti di vedute silenti delle province giapponesi e architetture inserite in contesti naturali dipinti con colori chiari e brillanti. Illustrano la “movida” nipponica le Cinquantasei stazioni di posta del Tokaido (1833-34), di Hiroshige, l’arteria centrale dei traffici commerciali e turistici che collegava Edo a Kyoto, la capitale imperiale, conosciuta per locande per il pernottamento, negozi di ogni bene, souvenir di prodotti locali, ristoranti, “fotografata” con stampe anche di formato verticale che consacrarono il maestro a livello internazionale. Queste e altre inquadrature modernissime evocano il close-up fotografico.

Kiagawa Utamaro (1753-1806), invece è il pioniere del ritratto e dell’arte figurativa e del genere bijinga, la “pittura di beltà femminile” e yakusha (ritratti di attori Kabuki) nell’ambito della silografia. Le sue opere ebbero molto successo quando era in vita e conquistano il mercato giapponese ed occidentale per  ritratti delle donne dei piaceri dalle espressioni che  rispecchiano stati d’animo. Fu il critico francese Edmond de Goncourt a pubblicare nel 1891, Outamaro: le peintre des maisons vertes, una monografia dell’artista di ritratti delle cortigiane delle case di piacere dal fascino misterioso che, oggi come ieri, continua ad affascinare uomini e donne di tutto il mondo. Simbolo della sua arte sono grandi ritratti a mezzo busto. Osservate con attenzione i volti e noterete uno studio fisiognomico approfondito, capace di esprimere i moti dell’animo femminile, queste altre stampe sono manifesti di gioia, rabbia, piacere e sofferenza contenuti in un tratto nero sottile, elegante e sensuale.

Chiude il percorso espositivo una sezione dedicata ai Manga, un campionario di oggetti, esseri viventi, azioni, luoghi, suggerimenti a scopo didattico per insegnare a dipingere non solo agli artisti professionisti, ma anche ai dilettanti, amatori o artigiani raccolti da Hokusai, libri che, al contrario di quanto si pensa, non sono comici né elementi di svago, bensì un compendio di tutto ciò che un pittore deve saper disegnare. Le ristampe dei Manga furono numerose, e oltre alle immagini di paesaggio disegnate nelle diverse stagioni, architetture, armi, utensili di ogni uso, figure umane grasse e magre, reali o di fantasia impegnate nella lotta, giochi, danza, toletta, combattimento, il vademecum di come diventare artista comprende fantasmi, azioni umoristiche, caricature, piante e animali di ogni specie. Nel 1856 alcune pagine di questi Manga furono usate per imballare delle ceramiche spedite in Francia, per caso finirono nella mani di Felix Bracquemond, diventando fonte d’ispirazione per un circolo dei suoi amici, Degas a Manet e altri pittori impressionisti, che ne ereditarono campiture piatte, elementi portati in primo piano con dimensioni esagerate rispetto a quelli  posti in profondità sullo sfondo, pose e movimenti e la sinuosità della linea curva di folgorante attrazione estetica.
Jacqueline Ceresoli

Jacqueline Ceresoli (1965) storica e critica dell’arte con specializzazione in Archeologia Industriale. Docente universitaria, curatrice di mostre indipendente.

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