Come far conoscere l’arte italiana all’estero

di - 18 Maggio 2016
Con il simposio Building Bridges, che abbiamo realizzato sabato e domenica 14 e 15 maggio e con l’inaugurazione della mostra Passo dopo Passo, a cura di Tenzing Barshee, Molly Everett e Dorota Michalska, abbiamo festeggiato i 10 anni della Residenza per Giovani Curatori stranieri, avviata dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo nel 2007. La Residenza – organizzata con il contributo della Compagnia di San Paolo – ci permette ogni anno di invitare tre giovani curatori provenienti dalle migliori scuole curatoriali del mondo e di lavorare con loro sull’arte italiana. 10 anni: una ricorrenza significativa per valutare i risultati raggiunti e per affacciarci sul futuro e cogliere nuovi spunti e nuovi possibili orientamenti.
Dieci anni fa ragionavamo con Francesco Bonami, nostro Direttore onorario, poi con Teresa Gleadowe e Francesco Manacorda, presente al simposio dello scorso week end – su come fare a portare curatori stranieri in Italia, obiettivo che è tra le missioni della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo: il sostegno agli artisti delle giovani generazioni, attraverso le mostre e la produzione di opere. La scommessa è sempre stata, fin dal 1995 (anno di nascita della Fondazione) quella di dare attenzione alla scena internazionale così come a quella nazionale, cercando di far in modo che i nostri spazi espositivi funzionassero come luogo di scambio e di confronto vivo tra linguaggi e culture differenti.

Oggi lo strumento della residenza è molto diffuso; non così nel decennio scorso, almeno non nel sistema italiano caratterizzato allora da una scarsa mobilità degli artisti e di conseguenza da una bassa diffusione delle loro ricerche oltre confine. Nel 2007, la possibilità di istituire una borsa per la residenza all’estero di un artista del nostro Paese, sarebbe stata quindi una scelta più che lineare. Abbiamo deciso invece di cambiare prospettiva, focalizzandoci sulla figura del curatore e, allo stesso tempo, sugli artisti italiani.
Ogni anno, da allora, invitiamo tre giovani curatori stranieri a compiere un viaggio in Italia, un’esplorazione di quattro mesi attraverso il mondo degli artisti, incontrati nei loro studi, nelle gallerie, negli spazi non-profit, nelle mostre allestite in musei, fondazioni, gallerie e fiere. A ogni edizione, grazie all’osservazione dei curatori, la mappa del nostro Paese diventa più estesa, il territorio dell’arte più abitato: da Torino a Bolzano, da Milano a Palermo. Collegata alla tradizione del Gran Tour, la Residenza per Giovani Curatori stranieri è una borsa di studio che fa del viaggio il suo principale sistema di conoscenza.
La tipologia del progetto ci ha permesso di passare dalla dimensione individuale a una dimensione aperta e plurale che ha generato una molteplicità di effetti positivi.
La Fondazione è entrata in contatto con le scuole curatoriali più accreditate nel panorama internazionale, chiamate a segnalarci, in vista delle selezioni annuali, i loro migliori alunni: il Bard College Center for Curatorial Studies  di New York, rappresentato al simposio che abbiamo fatto dal suo Executive Director Tom Eccles; il Goldsmith’s College di Londra, rappresentato dal Programme Director, Simon Sheikh; il Konstfack di Stockholm, rappresentato dall’Head of CuratorLab Joanna Warsza. E poi il Royal College of Art – Curating Contemporary Art di London; il Curatorial Training Programme del De Appel di Amsterdam; l’Independent Study Program del Withney Museum di New York; il Master in Curatorial Practice del CCA di San Francisco; l’Ecole du Magasin di Grenoble e the MAS in Curating at Zurich University of the Arts.

Per la Fondazione, la relazione con questi prestigiosi centri di studio ha significato poter contare su candidature eccellenti e, d’altra parte, conoscere più da vicino il versante accademico della disciplina curatoriale. La Residenza ha spinto la Fondazione a misurarsi con l’ambito dell’alta formazione e su questa esperienza quattro anni fa abbiamo progettato e avviato Campo, il nostro corso per curatori italiani.
Un altro passaggio essenziale nella Residenza per Giovani Curatori stranieri è legato al lavoro delle giurie, chiamate alla selezione delle applications. Vi hanno fatto parte curatori e direttori di grande rilievo, tra cui Beatrix Ruf, Direttore dello Stedelijk di Amsterdam che partecipa ai lavori del simposio, e poi Iwona Blazwick, Pierre Bal Blanc, Carlos Basualdo, Teresa Gleadowe, Chus Martinez, Jochen Volz, Ralph Rugoff e Francesco Manacorda, Direttore di Tate Liverpool che, oltre a partecipare alla fase di concezione della Residenza, è stato anche suo il primo coordinatore.
Quella del coordinatore è una funzione basilare, la figura che segue i curatori per conto dell’Istituzione, dalla fase di ricerca in viaggio alla realizzazione della mostra finale. Dal 2007 a oggi hanno svolto questo ruolo, oltre a Manacorda, Ilaria Bonacossa, Stefano Collicelli Cagol, Gaia Tedone e Lorenzo Balbi. Grazie a loro il progetto ha potuto crescere e svilupparsi, consolidando una vasta rete di contatti tra la Fondazione e il sistema dell’arte italiano.

Le modalità di selezione della Residenza per Giovani Curatori stranieri e l’operatività collaborativa tra coordinatori e giovani curatori, fa del Programma anche uno spazio di confronto e di incrocio tra differenti generazioni curatoriali. L’adesione dei relatori al simposio evidenzia il network che si è creato in questo decennio: una rete che ha dato modo alla Fondazione di sintonizzarsi con le ultime pratiche curatoriali, nella cornice più ampia di questa disciplina e delle sue tradizioni.
Ho un ricordo molto vivo delle opere esposte, dell’emozione dei giovani curatori e dell’atmosfera che ha caratterizzato le mostre finali delle dieci Residenze: quelle allestite nelle sale storiche di Palazzo Re Rebaudengo a Guarene d’Alba, prima sede della Fondazione, e quelle presentate qui a Torino. Molti dei giovani curatori hanno intrapreso promettenti carriere; accanto a Pavel Pyś (Curator of Visual Arts al Walker Art Center di Minneapolis), João Laia (co-fondatore della piattaforma curatoriale The Green Parrot a Barcellona e co-curatore del festival Videobrasil), Kate Strain (appena nominata Direttore della Grazer Kunstverein), Rosalie Doubal (Associate Curator all’ICA di Londra) e Andrey Parshikov (critico d’arte e curatore) che hanno partecipato al simposio, cito tra gli altri Chris Fitzpatrick, Direttore del Kunstverein München; Anna Colin, che ha fondato e diretto la Open School Est di Londra; Inti Guerrero, Adjunt Curator for Latin American Art alla Tate Modern; Imena Sorokina, che sta per inaugurare una mostra al Centre Pompidou; Fiona Parry, curatore al Turner Contemporary.

Attraverso le dieci mostre la Fondazione ha potuto raccontare in presa diretta un decennio dell’arte italiana: le ricerche delle giovani generazioni ma anche, in alcune occasioni, l’opera dei maestri: Fortunato Depero, Carol Rama, Carlo Mollino, Carla Accardi, Luigi Ontani, Salvo, Alighiero Boetti, Irma Blank. Abbiamo dato vita a un archivio sull’arte italiana, vista dall’esterno, pensata attraverso uno sguardo straniero. Abbiamo posto le basi di un dialogo intenso tra curatori e artisti italiani che nel tempo ha prodotto inviti che hanno coinvolto i nostri artisti in mostre internazionali: la personale di Giovanni Oberti curata da Chris Fitzpatrick al Kunstverein München nel 2015; Mission After Views, al Victoria Theater di San Francisco nel 2012 al quale Michele Fiedler ha invitato Rä di Martino e Marinella Senatore; la personale di Salvatore Arancio curata da Emeline Vincent a Parigi nel 2014; Carol Bove/Carlo Scarpa, curata da Pavel Pyś alla Henry Moore Foundation e al Museion di Bolzano. Gli artisti che hanno preso la parola in questi due giorni – Elisa Caldana, Tomaso De Luca, Gianluca e Massimiliano De Serio, Chiara Fumai, Riccardo Giacconi, Rä di Martino, Cesare Pietroiusti – hanno testimoniato la continuità degli scambi e delle relazioni maturate nel tempo.
Alla luce dei risultati ottenuti fino ad oggi, siamo convinti che la Residenza sia un progetto che sostiene e promuove in modo concreto la conoscenza dell’arte italiana nel mondo, dando ai nostri artisti opportunità e visibilità internazionali. Un progetto, dunque, in cui la Fondazione continuerà a credere e investire.
Patrizia Sandretto Re Rebaudengo

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