FIRENZE SOTTOTERRA

di - 20 Aprile 2008
Dall’estate 2007, Franziska Nori è project director del Centro di cultura contemporanea La Strozzina. Nata nel ’68 a Roma da madre tedesca e padre italiano, frequenta la Scuola Tedesca di Roma prima di recarsi a Francoforte, dove si laurea in materie umanistiche. Qui Thomas Messer, per quasi un trentennio megadirettore del Guggenheim di New York, la sceglie come assistente di mostre alla Schirn Kunsthalle, al Museum für Moderne Kunst di Vienna e al Museo Nacional Reina Sofia di Madrid. Dopo tre anni di attività curatoriale a Barcellona, nel ‘99 viene chiamata da James Bradburne, allora direttore del Museo d’Arti Applicate di Francoforte, a occuparsi del Dipartimento di arte digitale (Digitalcraft). Nell’estate 2007 lo stesso Bradburne, divenuto nel frattempo direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, la vuole a Firenze, dove le affida il CCCS: ottocentocinquanta metri quadri distribuiti in undici sale, nelle ex-cantine dell’edificio rinascimentale. Un progetto che si sviluppa in basso, ma punta in alto…

La mostra da lei curata alla Strozzina, Sistemi emotivi, ha coinvolto, oltre ad artisti operanti con video, web, installazione e pittura, anche poeti, neuroscienziati, filosofi, antropologi. Sta puntando all’interdisciplinarità?
Sì, ma non è questa la novità. L’interdisciplinarità appartiene già a un certo spirito delle avanguardie, quando i circuiti, essendo piccoli, facilitavano il contatto tra artisti, intellettuali, scienziati. La verità è che Sistemi emotivi, che ha avuto un buon successo, è stata anche un pretesto per presentare la linea programmatica del Centro di Cultura Contemporanea. Ho molto lottato perché il nome sia questo e non quello unicamente di centro d’arte contemporanea. Il Cccs sarà una piattaforma aperta e di scambio, dove convergeranno voci diverse che offriremo all’ascolto, con la mia figura che avrà la funzione di moderatore. Non sarà cultura solo da guardare, ma da fare, produrre, esportare.

Ci dia qualche elemento per capire meglio il metodo che sta applicando a Firenze…
Componente di rilievo della mia direzione, ad esempio, è quella di tessere, nei miei viaggi per l’Europa, una rete di rapporti tra istituzioni, artisti, critici, progetti, finalizzata alla proposizione di un’immagine di Firenze quale città conscia e fiera di poter essere un global player. Il Cccs sarà un centro vivo: non compreremo opere, faremo di più, le produrremo e poi le faremo circolare con il “marchio” Cccs. Curerò inoltre molto la nozione di mostra come medium a sé. Credo nella missione culturale della curatela consapevole. La mostra, al di là del contenuto, è già un formato, con le sue regole e le sue responsabilità.

Il Cccs, oltre all’offerta di mostre sui temi dell’attualità artistica ma anche economica, sociale, architettonica, organizzerà episodi di “site specific art” in Palazzo Strozzi e per Firenze, darà spazio a una sala video permanente, ospiterà conferenze e workshop, e promuoverà il premio “Emerging Talents”. Può parlarcene?
Lo curerà il Cccs per conto della Fondazione Palazzo Strozzi. A cinque critici italiani chiederemo ciascuno una rosa di cinque artisti tra i venticinque e i trentacinque anni. Ne esporremo le opere al Cccs e le pubblicheremo in un catalogo, poi una commissione internazionale di direttori di museo e di galleristi stabilirà chi saranno i tre vincitori. Non daremo soldi, ma una borsa di studio di dodici mesi per fare esperienza presso istituzioni culturali estere che prevedono la promozione e l’immissione nel sistema dell’arte e nel mercato delle giovani leve.

Come saranno i rapporti con Firenze e la Toscana?
Stretti. Stiamo stilando rapporti di cooperazione con varie realtà culturali del territorio, a partire dal Festival dei Popoli, col quale abbiamo collaborato per la rassegna video Atlanti futuri, curata per noi da Silvia Lucchesi lo scorso febbraio. In cantiere ci sono anche iniziative con Fabbrica Europa. Molti nostri progetti futuri prevedono peraltro il coinvolgimento di giovani artisti e critici d’arte locali.

Cina Cina Cina! Arte contemporanea cinese oltre il mercato globale
, attualmente in corso al Centro, è una provocazione?

No, è una realtà. Si fa presto a dire Cina, la verità è che esistono mille Cine diverse, per etnia, realtà regionali, problematiche culturali, politiche e religiose, la Cina è un gigante sfaccettatissimo, con problemi connessi a una trasformazione socio-economica e urbanistica troppo rapida. La questione cinese è oggi tutta nella definizione di un’identità culturale in un contesto globalizzato e accelerato. Così ho incaricato due curatori cinesi e uno italiano, Davide Quadrio (che vive e opera però da quindici anni in Cina), di darmi uno spaccato in profondità della Cina meno nota. La mostra non a caso è introdotta da una sezione che illustra il problema della censura. Ci sono state negli anni passati esposizioni fondamentali per lo sviluppo dell’arte contemporanea in Cina che non ce l’hanno fatta neanche a stare aperte due ore… Quanti sanno che esporre nudi in quel Paese è ancora un’impresa? Presentiamo così materiale documentario, cataloghi, video e foto di queste mostre, oltre a una ricognizione sulle principali mostre d’arte cinese svoltesi negli ultimi anni in Cina e in Occidente.

In settembre sarà la volta di Art & Money, curata dalla tedesca Piroschka Dossi. Critica o trionfo della “business art”?
Critica di un trionfo, anche in questo caso sfaccettato. Le nuove leve di collezionisti provenienti dalle oligarchie russe o dai nuovi ricchi indiani, ad esempio, sono una realtà tra le tante che “tematizzeremo” in questa mostra. Avremo collaborazioni con il Sole 24 ore e con la Bocconi. La Dossi stessa è autrice di testi sulla creazione di valore e di prezzo connessi al prodotto arte. Anche qui creeremo una piattaforma di dialogo sul fenomeno dell’invasione dell’economia nei fatti d’arte, un fenomeno che va capito per essere gestito.

La politica del Cccs, d’altronde, non può prescindere da questa realtà…

Chi oggi vuol essere responsabile di un’istituzione deve avere una preparazione tanto culturale quanto manageriale. Oggi tanti direttori di museo, soprattutto in America, vengono da studi di Economia, non di Storia dell’arte. Non so se è un bene o un male, fatto sta che è così e quello che posso dire io è: parliamone.

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La Cina alla Strozzina
link correlati
www.strozzina.org
www.palazzostrozzi.org

a cura di guglielmo gigliotti

[exibart]

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