La Superpassion di Jorinde Voigt

di - 18 Marzo 2014
«Mi stravolgi la mente sorella mia sposa. Mi stravolgi la mente….Meravigliose le tue carezze…più del vino meravigliose. E l’odore che emani supera ogni profumo», così si parla dell’amato in quella sublime raccolta di versi amorosi che è il Cantico dei Cantici in cui l’Amore è carne, desiderio e afflato denso di spiritualità ma anche di vita terrena, fisica e tattile. L’amore che stravolge la mente e che acutizza i sensi è forse il sentimento più potente, irrazionale e folle che gli esseri umani possono provare. Poeti, romanzieri, cantanti, compositori, filosofi, teologi, sociologi, psicoanalisti, pittori, scultori e registi si sono cimentati nella difficile opera di interpretarlo, ma come si può definire la nascita del sentimento amoroso partendo da basi razionali, scientifiche, matematiche? Esiste un algoritmo che lo illustra? Una formula matematica o un diagramma che possono decifrare il manifestarsi di Eros? Questo è l’arduo compito che affronta Jorinde Voigt, giovane artista tedesca di Francoforte nella sua personale al Museo Macro di Roma (l’ultima mostra aperta nel museo in via di smantellamento, prorogata fino al 31 marzo e curata da Maria Alicata) dal titolo, che nulla lascia all’imaginazione, ” Superpassion”.

Dopo essersi diplomata in violoncello, Voigt decide di intraprendere la carriera di artista visiva ma con un’estetica legata al mondo scientifico e alla rappresentazione grafica e matematica della realtà. I suoi lavori su carta sono meravigliosi paesaggi mentali che si snodano come degli spartiti musicali che raccontano l’elaborazione di pensieri e sentimenti.
Nonostante l’approccio concettuale e visivo rigorosamente scientifico e apparentemente freddo, l’artista ha cominciato a lavorare sulla rappresentazione del sentimento amoroso già nel 2011 quando da David Nolan a New York ha presentato una serie di opere grafiche modulate sulle pagine del famoso saggio, pubblicato nel 1977, del semiologo e critico letterario francese Roland Barthes Frammenti di un discorso amoroso.

Nel 2012, per la sua seconda personale, “Views on Views on Decameron”, nella galleria romana di Marie Laure Fleish, la sua fonte di ispirazione sono state le novelle del Decameron di Boccaccio e la fortuna visiva che questo testo ha avuto nell’arte europea fra XV e XIX secolo. Già in questi due precedenti lavori l’artista si è cimentata nell’esplorazione visiva, oltre che intellettuale, non solo dell’amore ma anche del rapporto tra testo e immagine con quel suo sorprendente e personalissimo linguaggio visivo, perfetto come una formula matematica, ma avvolgente come una pittura che è la sintesi formale di una formazione multidisciplinare estremamente colta in cui gli studi musicali cominciati nell’infanzia si sono fusi con lo studio della filosofia, della sociologia e della scienza.

Questo nuovo inedito lavoro pensato per la Project Room 2 del Macro ha un impatto inaspettatamente barocco e decorativo molto attraente. I grandi fogli di carta bianca riempiono con il loro formato monumentale i muri della sala espositiva quasi avvolgendo lo spettatore e facendolo sentire al centro del racconto visivo che si snoda sulle pareti. Ogni singolo disegno si riferisce graficamente a un capitolo o a un estratto del libro del sociologo e filosofo tedesco Niklas Luhuman del 1985 Amore come passione (Ed. Laterza) e l’artista più che raccontare, analizza con una grafica ricca di densi cromatismi oro e rosa, il processo di cognizione e comunicazione delle immagini interiori, individuali e collettive, che scaturiscono dal sentimento amoroso. Il ritmo visivo è musicale, chiazze di colore lasciano il posto a spazi vuoti e i diagrammi sottili come pentagrammi si intersecano con l’inserimento di macchie a foglia d’oro che impreziosiscono l’opera. Come nasce l’amore? Dove nasce l’amore? Nella testa? Negli occhi? Nella pancia? L’analisi sistemica di Luhman riduce l’amore a un codice, ad un semplice mezzo di comunicazione. Jorinde Voigt traduce il sistema in una complessa e affascinante danza di colori, forme, vuoti e pieni in cui il rigore scientifico delle sue costruzioni visive si stempera nella sinuosità rotonda della pastosità del pastello e nella tattilità materica del collage.

L’analisi dello spazio osservato è invece alla base del nuovo ciclo di lavori che Jorinde Voigt presenta nello spazio della Galleria di Marie Laure Fleish (fino al 10 maggio), sono minimalisti i tre grandi lavori Wave, Cloud e Light Studies (2014) realizzate nella luce accecante di Tulum, in Messico un luogo magico sospeso fra aria e acqua due elementi che cambiano continuamente. L’artista ha disegnato i contorni di ciascun motivo più volte sulla carta, dando poi risalto alle diverse forme con l’applicazione di foglie bianche e dorate e contrassegnando ogni sagoma con un numero, per documentare l’esatta sequenza delle impressioni che in questo modo vanno a comporre una sorta di profilo della città messicana.
Gli Studies on Concentration (2014) sono invece meno contemplativi nonostante la densità grafica formale. I fogli si riempiono di innumerevoli frecce, che convergono, si allontanano, per poi apparentemente tornare insieme. Le tracce acquerellate compongono ampie forme circolari e profondi vortici fluttuanti che generano affascinanti strutture dinamiche pulsanti.

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