Passaggi, | dal prima al dopo

di - 24 Giugno 2013

La passione comune per il sushi e la rivelazione di quella goccia di gin (che inequivocabilmente personalizza la versione di Mario Peliti) è l’introduzione ad una piacevole chiacchierata che coinvolge anche Paola Stacchini Cavazza.
Prendere in prestito il piatto giapponese in chiave metaforica può essere uno spunto gustoso nel tentativo di descrivere l’equilibrio – la perfetta armonia – tra contenitore e contenuto. Ovvero “Passaggi” (fino al 28 settembre), la mostra fotografica curata da Giovanna Calvenzi con cui ha debuttato la Galleria del Cembalo a Roma, uno spazio mozzafiato al piano terra di Palazzo Borghese (tuttora di proprietà della blasonata famiglia), nell’ala che conferisce all’edificio la forma del cembalo, a cui si accede attraversando il giardino pensile barocco (opera di Carlo Rainaldi) con le sue belle statue e il suono dell’acqua delle fontane.
Nelle cinque sale affrescate tra il 1767 e il 1775, ambienti comunicanti tra loro che coprono una superficie di circa 330mq, non è casuale la scelta del giallino per le pareti: un colore in grado di ospitare, senza creare dissonanze, le fotografie dei dodici autori italiani contemporanei: Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Antonio Biasiucci, Luca Campigotto, Silvia Camporesi, Mario Cresci, Ugo Mulas, Alice Pavesi, Paolo Pellegrin, Francesco Radino, Moira Ricci, Paolo Ventura.

Paola Stacchini Cavazza e Mario Peliti hanno intrapreso questa sfida con una certa dose di coraggio, visti i tempi di crisi economica, ma anche con grande determinazione, uniti da una stima e un’amicizia di lunga data nell’arco della quale si colloca anche l’idea mai realizzata di aprire un’eno-libreria, l’organizzazione della mostra Il racconto di un’epoca. Fotografie dagli album della principessa Anna Maria Borghese (la cui prima tappa nel 2011 è stata la Calcografia a Roma) – anche se in questo caso il coinvolgimento diretto era tra Novello Cavazza, padre di Paola e nipote della principessa fotografa con l’editore gallerista – e, prima ancora, l’avventura della Galleria Minima Peliti Associati. Piccolissima galleria (23 mq), ideata e fondata da Mario Peliti, che dal 1995 al 2003 ha animato l’altra ala di Palazzo Borghese, sempre al piano terra.
«Un gallerista è una via di mezzo tra un confessore laico e un consulente finanziario». – afferma Peliti – «Deve condividere delle passioni, ma anche evitare di dare fregature».
«Sull’onda di quell’esperienza è ricominciata la goccia di cui Mario parlava prima», aggiunge Stacchini Cavazza riferendosi alla teoria a cui accennava l’editore, identificandosi nella “goccia cinese”. «Io sono il marmo, allora» – prosegue lei – «che nonostante la durezza si è lasciato bucare».
L’idea di aprire una galleria dedicata alla fotografia contemporanea risale, in particolare, ad un anno fa quando gli spazi avevano ospitato l’asta di Wannenes (Prospettive Italiane) in cui, per la prima volta, si assisteva in questo luogo ad una perfetta compresenza di contemporaneo e antico.
Lavorando insieme e con la collaborazione degli amici – «il nostro lavoro è sempre frutto di gestioni condominiali», affermano all’unisono – Stacchini Cavazza e Peliti sono arrivati a concepire questa prima mostra con l’obiettivo di rappresentare tre generazioni di fotografia italiana.
«La mostra sottintende due cose, primo che c’è da anni una frequentazione con la fotografia. Esclusa Silvia Camporesi, che è l’unica artista che non conoscevo personalmente» – continua Peliti – «tutti gli altri fotografi sono amici e hanno accettato di partecipare chi per un motivo chi per l’altro, persino l’Archivio Mulas. Abbiamo cercato di creare delle sale che avessero delle forti connessioni: la sala Basilico-Barbieri-Radino parla di un’amicizia; Mulas e Cresci sono maestro e allievo; Ventura e Campigotto arrivano entrambi ad una dimensione fantastica, uno partendo rigorosamente dal reale e l’altro che se la costruisce. C’è la sala che chiamiamo “delle ragazze” con le fotografie di Silvia Camporesi, Alice Pavesi – che è la prima volta che espone – e Moira Ricci. Quanto a Pellegrin e Biasiucci, due autori diversissimi tra loro, da anni volevano fare un progetto insieme e questa è stata l’occasione per partire. Ogni sala, insomma, è un po’ vissuta cercando buoni rapporti di vicinanza e frequentazione. In mostra ci sono anche delle chicche come gli Ambrotipi di Ventura che sono pezzi unici; il Filo d’Arianna di Biasiucci, stampe degli anni ’80 che vengono esposte per la prima volta; di Mulas abbiamo il portfolio di Duchamp. Insomma pezzi per collezionisti attenti».
In attesa della prossima mostra che sarà sulla natura (per l’esattezza si tratterà di tre mostre distinte di altrettanti autori noti, ma ancora top secret) la Galleria del Cembalo ospiterà l’11 luglio un primo incontro sulla fotografia con la partecipazione di Luca Campigotto e Paolo Ventura.

Nata a Roma nel 1966, è storica e critica d’arte, giornalista e curatrice indipendente. Con Postcart ha pubblicato A tu per tu con i grandi fotografi - Vol. I (2011), A tu per tu con i grandi fotografi e videoartisti - Vol. II (2012); A tu per tu con gli artisti che usano la fotografia - Vol. III (2013); A tu per tu – Fotografi a confronto – Vol. IV (2017); Cake. La cultura del dessert tra tradizione Araba e Occidente (2013), progetto a sostegno di Bait al Karama Women Center, Nablus (Palestina). E’ autrice anche Taccuino Sannita. Ricette molisane degli anni Venti (ali&no, 2015) e Isernia. L’altra memoria – Dall’archivio privato della famiglia De Leonardis alla Biblioteca comunale “Michele Romano” (Volturnia, 2017).

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