Ma
oltre ai numeri ci dev’essere qualcosa di sbagliato anche nella gestione del
patrimonio museale se i cinque maggiori musei italiani raggiungono a malapena
il 12,7% del lordo annuo del British Museum e il 13% del Louvre (fonte
Federturismo).
Ciò
nonostante, in Italia le destinazioni d’interesse storico e artistico sono
ancora capaci di attirare 93 milioni di persone l’anno. Un numero che dice come
il turismo culturale non stia poi così male, pur necessitando di una robusta
cura che scongiuri malanni peggiori.
Per trovare soluzioni e fornire nuovi strumenti che
facciano tornare l’Italia tra le prime destinazioni turistiche mondiali (ora è
quinta, con la Gran Bretagna in corsia di sorpasso) da oggi a domenica si
svolge a Torino DNA Italia – Tecniche culturali patrimonio da ieri a domani,
applicata ai beni culturali.
Negli spazi dell’Oval (dove tra un mesetto si terrà anche
Artissima e dunque ormai hub delle fiere culturali piemontesi) sono presenti
oltre 150 fra imprese, musei, gallerie, fondazioni, enti formativi – oltre
naturalmente a Exibart con una piccola presenza che suggella e certifica la nostra attenzione
spasmodica alla ricerca tecnologica – che hanno adottato le nuove tecnologie per la
valorizzazione dei beni culturali. Ma DNA Italia è anche un’occasione di
business-to-business in cui, per la prima volta in un salone italiano, 40
addetti commerciali, economici e culturali delle ambasciate estere in Italia
incontrano le aziende per sviluppare nuove opportunità di impresa.
Nel fitto calendario di conferenze e
seminari (il programma completo è consultabile sul sito del salone) si
alternano incontri in tema economia, come quello inaugurale che riguarda la
ricaduta economica dell’investimento culturale sulla società, ad altri sull’apporto
delle tecnologie laser o delle nanotecnologie nel restauro, sul controllo
climatico degli ambienti museali, per arrivare fino alla sensoristica, alla
diagnostica e alla sostenibilità del turismo.
Moltissimi, poi, gli incontri riguardanti
l’apporto tecnologico e multimediale nella fruizione e valorizzazione del
patrimonio culturale. Tra i tanti segnaliamo le serie di workshop, organizzati
in collaborazione con la Fondazione Fitzcarraldo, Surfing and walking. I
musei e le sfide del 2.0 e Biblioteca oggi e domani: innovazione e tecnologia
a servizio dell’utenza, che introducono le più recenti evoluzioni di
Internet nella fruizione culturale.
Tra gli ospiti principali, Shelley
Bernstein, giovane direttrice del dipartimento tecnologia del Brooklyn Museum
di New York, che ha trasformato uno storico museo di 187 anni in un
pluripremiato esempio di innovazione tecnologica, e che insegna ai partecipanti
l’utilizzo del mouse e del touch pad!
Battute a parte, basta andare sul sito Italia.it (quello dei 45
milioni di euro spesi per un sito imbarazzante come grafica e contenuti, con
tanto di errori nelle informazioni su Molise, Marche, Abruzzo e Liguria, oltre
che per l’ormai mitico messaggio in inglese dell’allora ministro Francesco
Rutelli) per capire quanto il Belpaese sia ancora indietro in materia turismo,
cultura e world wide web.
L’attenzione che DNA Italia dedica ai new
media, è già stata messa in pratica per il sito del salone (www.salonednaitalia.it) che si propone
come un luogo di scambio di informazioni e opinioni sul settore, ma anche come
laboratorio multimediale di idee e contenuti in cui trovare interviste agli
addetti ai lavori e news dal mondo dei beni culturali.
Insomma, anche se il patrimonio culturale
è nel Dna del nostro Paese, non significa affatto che ereditario equivalga a
immortale.
stefano riba
dal primo al 3
ottobre 2010
DNA
Italia 2010
Oval – Lingotto
Fiere
Sottopassaggio
Lingotto 294 – 10127 Torino
Orario: tutti i giorni ore 9.30-18
Ingresso: intero
€ 15; ridotto € 10
Info: tel. +39
0110209700; info@dnaitalia.eu; www.salonednaitalia.it
[exibart]
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Vien da piangere.
Personalmente, sto a Milano ed ho pochissimo tempo, riesco a vedere pochissimo e viaggio anche meno, ma sono tormentato dal sorgere di eco-mostri, a danno di quel che resta di valido nel paesaggio urbano: antiche dimore, orti botanici, quartieri caratteristici vengono fagocitati da un costruttivismo faraonico e speculatorio. Parlo di un patrimonio "minore", la cui conservazione potrebbe dare un senso estetico umano alla città, oltre a fornire occasione di lavoro per i famosi Giovani, ponendo le basi per una migliore formazione del gusto, ed una maggiore sensibilità per quel patrimonio "maggiore" per il quale si assiste periodicamente ad un disperato stracciarsi di vesti.
Anche belle storie come quella in atto a Torino, produrrebbero risultati migliori, cadendo il seme in un humus più fecondo del vetrocemento,