Brucia brucia brucia, veduta della mostra, BiM, Milano, 2025
Come l’arte racconta il contemporaneo? Cosa brucia oggi? Quali sono le nostre urgenze? Ci sono immagini che bruciano lentamente, come un’estate che non finisce mai. brucia brucia brucia! si apre così: con un sole enorme, insostenibile, registrato dai telescopi NASA con la precisione che solo la distanza sa concedere. È un sole che pulsa, un cuore cosmico che non smette di ricordarci quanto siamo piccoli e quanto siamo responsabili. Davanti a quello sguardo incandescente, Specific, il collettivo nato nel 2023 e oggi anima artistica di BiM – il progetto di rigenerazione urbana di un intero isolato nel cuore di Bicocca a Milano -, mette un’altra immagine: una foglia di loto, una maschera verde dal naso lungo, usata come filtro protettivo. Un gesto domestico, quotidiano, tenero. Un gesto di difesa. Una protezione fragile contro un calore troppo forte. E non si capisce più se quel calore venga dal cielo, dal clima o dal nostro stesso modo di consumare le immagini senza davvero guardarle.
La mostra è costruita come un campo magnetico: grandi banner double face, da un lato lo splendore scientifico del sole, dall’altro il pulviscolo digitale, foto di una protezione altra, un mondo piccolissimo, intimo e tenero se paragonato al sole. Due estremi della nostra geografia visiva, l’origine e la dispersione.
Tra questi fondali dialogano le opere di Gabriele Bianchi, Guendalina Cerruti, Valentina De Zanche, Giulio Scalisi, Martina Ferrari, Edoardo Caimi, Sara Ravelli, Giuliana Rosso. Le loro immagini sono feritoie, insinuazioni, piccoli sismografi emotivi. Parlano di delicatezza, di corpi esposti, di apparizioni lievi intrappolate dentro una temperatura che si fa sempre più difficile da sostenere.
Specific trasforma lo spazio in un attraversamento. Non si guarda da un punto fisso: ci si avvicina, si gira intorno alle superfici, si passa dall’abbagliante alla dispersione. L’immagine non è più qualcosa che si contempla ma qualcosa che si attraversa fisicamente, come si attraversa un giorno di caldo troppo intenso, come si attraversa una città ormai fuori scala.
E allora la domanda che emerge, sotterranea, insistente, è semplice ma devastante: che cosa stiamo facendo, oggi, nel pieno di questo bruciore globale? Siamo ancora capaci di riconoscere il calore naturale da quello prodotto dal nostro consumo, dalla nostra velocità, dalla nostra distrazione? La luce che ci colpisce è ancora promessa o è diventata allarme?
Tutto nella mostra sembra dirci che il mondo è diventato troppo luminoso, troppo caldo, troppo esposto e che, in quella foglia di loto, minuscola, verde, fragile, c’è forse l’ultimo gesto di umiltà rimasto: riconoscere che non sappiamo più come proteggerci.
BiM diventa così un osservatorio, un luogo in cui l’arte non offre soluzioni ma variazioni di temperatura, in cui non si cerca la denuncia ma la vertigine necessaria a rimettere in moto lo sguardo. Un luogo ibrido, a metà tra uffici e cosmo, in cui il quotidiano si increspa e l’immagine torna a essere un dispositivo di relazione, un modo di entrare in contatto con ciò che ci attraversa e ci supera.
I progetti curati da Specific trasformano l’edificio in un vero e proprio laboratorio culturale, uno spazio di lavoro che smette di essere neutro e diventa permeabile, attraversato da linguaggi inattesi, da urgenze visive, da comunità che si incontrano e si riconoscono.
In questo dialogo costante con gli abitanti dell’edificio, con la community e con le istituzioni culturali della Bicocca, BiM assume la forma di un ecosistema vivo, capace di produrre pensiero, confronto, frizioni necessarie per comprendere il presente.
E sebbene brucia brucia brucia! rimanga visitabile fino al 21 novembre 2025, il percorso non si chiude qui, e con un pseudo-finissage, festoso, ibridato, attraversato dall’evento Lucid Lucid!, che porterà in scena artisti che lavorano tra arte e residuo performativo, tra clubbing e convivialità.
Da qui alla fine del 2026, BiM con Specific ospiterà una programmazione densa e cangiante, dalle sperimentazioni allestitive degli studenti NABA a una diade artistica sulla sessualità, da performance ibride a progetti che intrecciano arte, design e architettura. Il tutto crea geografia in espansione, che fa di BiM non soltanto un contenitore ma un polo culturale emergente, un luogo dove la sperimentazione non è eccezione ma pratica quotidiana. Perché qui l’arte non è un evento a cui assistere ma un territorio da attraversare e lo spazio stesso diventa incontro, frizione, possibilità.
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