Scacco alla crisi

di - 28 Maggio 2013
Cominciamo col dire il nome e la sede
Trial Version è un progetto urbano, attualmente di base a Firenze. Non volendo una sede fissa, di volta in volta adattiamo il progetto allo spazio in cui operiamo.
Nato quando e con che natura giuridica?
Nell’estate del 2011 abbiamo iniziato a progettare la prima mostra per un garage nel centro storico fiorentino. In primis è nata l’idea progettuale e la necessità di lavorare insieme nel campo dell’arte. Solo in un secondo momento, e per motivi di praticità, è stato deciso di costituire un’associazione culturale.
In che settore operate?
Operiamo nel settore dell’arte contemporanea, con un occhio di riguardo verso artisti emergenti che, rispetto al sistema ufficiale e istituzionale, si collocano ai margini. Intendiamo l’arte come uno strumento in grado di attivare connessioni con uno specifico contesto e con i cittadini che lo abitano. Il fine, è rendere l’esperienza artistica parte integrante del tessuto cittadino come un momento quotidiano.


La mission?
Non possediamo una vera e propria mission, piuttosto una dichiarazione d’intenti che fornisce le coordinate entro cui il progetto si muove e opera. Trial Version è un contenitore mobile che, all’interno della città, individua e riattiva spazi architettonici caduti in disuso, per convertirli temporaneamente in luoghi espositivi e metterli a disposizione di giovani artisti, all’insegna del nomadismo, dell’autonomia e della cooperazione. È un progetto indipendente che, di volta in volta, si adatta alle specificità del territorio in cui lavora.
Come si compone lo staff?
Dietro Trial Version ci sono quattro curatori e due artisti: oltre a me – Michela Lupieri – Valeria Mancinelli, Stefania Rispoli, Rosario Sorbello, Marco Di Giuseppe ed Elena Mazzi. Quello che ci caratterizza sono la sinergia, la stima reciproca e il fatto di essere tanti e tutti molto diversi gli uni dagli altri. Si tratta di un lavoro di squadra, orizzontale, in cui ognuno mette a disposizione le proprie competenze e ogni progetto viene sviluppato in modo corale.
Qual è la vostra formula anticrisi e i risultati finora ottenuti?
Il nostro primo comunicato stampa esordiva così: “…oggi, visti i tempi che corrono, l’arte di arrangiarsi, o meglio il fare di necessità virtù, sembra essere diventata la nuova prerogativa di un’intera generazione. Una generazione che fa del reinventare prima ancora che un’etica sociale e alle volte un trend, un’esigenza”. Per questo, abbiamo guardato con occhi diversi a ciò che il territorio aveva a disposizione, considerando gli spazi sfitti come spazi di possibilità. Piuttosto che radicarci in un luogo, creare uno spazio in cui operare secondo schemi fissi e stabiliti a priori, abbiamo inteso il progetto come un modo di agire e rimodellare sé stesso in continuazione. La formula che ci caratterizza è quella di lavorare secondo un’ottica della valorizzazione e non dell’accumulo, tanto degli spazi quanto degli artisti e dei loro progetti. Con tre mostre passate che hanno coinvolto Clio Casadei, i Videotrope e Giulia Piermartiri (selezionata all’interno di un bando rivolto alla Fondazione Studio Marangoni di Firenze), una ricerca in corso sulla Ex Manifattura Tabacchi di Firenze, due mostre a breve termine e la nascita di nuove collaborazioni, il progetto si sta lentamente facendo strada e sta sviluppando nuove collaborazioni.
Intendete cercare altri partner, collaborazioni?
Trial Version è per definizione un progetto di rete e di collaborazioni. Vive, infatti, grazie ai cittadini e ai privati che ci concedono gli spazi, i loro servizi e le loro conoscenze. Fino ad ora i cittadini con cui ci siamo rapportati sono sempre stati aperti, disponibili allo scambio, e molto curiosi di vedersi trasformare sotto gli occhi gli spazi sfitti in luoghi dell’arte. Sul territorio abbiamo collaborato con altri collettivi e con le istituzioni, dal comune alle scuole, a vario titolo.
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