Gli artisti Ermanno Cristini e Luca Scarabelli e il curatore Alessandro
Castiglioni sono l’anomalia all’origine di questa operazione. Anche se tutto
sembra essere nato loro malgrado: si trattava di afferrare qualcosa che era
“nell’aria” da molti anni.
Questo permanent project trova il proprio luogo
d’esecuzione nell’innesto dell’evento espositivo con l’impermanenza della
dimensione della rete. Da una parte il ricorso seriale delle mostre e
dall’altra la loro brevità istituiscono un tempo trasversale che ha in minima percentuale una
natura performativa e che ha la sua ragione profonda nell’accelerazione
consapevole del momento espositivo, per permettere una mediazione tra la genesi
dell’idea e i suoi passaggi fenomenologici nel reale.
La “messa in scena” della mostra testimonia il momento
preciso in cui il dispositivo Roaming assorbe l’opera e la invischia,
delazione dell’oggetto e fare spazio alla sua riproduzione fotografica,
mettendo sotto la lente dell’analisi critica la natura dell’immagine e il suo
contributo alla visibilità.
Sin dallo start up di Barasso, Roaming asseconda il proprio destino di
nomadismo e si sviluppa in più tappe – ormai 16 – dislocate sul territorio
europeo: questa decontrazione delle produzioni funziona esattamente come la circolazione
dell’immagine dell’opera. Nello spirito di un progetto rizomatico, nato anche
contro la mitologia della curatela e della progettazione, Roaming raccoglie una collettività
disseminata e segnata dalla causalità, in cui anche le modalità di raggruppamento
degli “agenti” del progetto seguono il principio di migrazione e di
trasferimento.
Così la virtualizzazione della
mostra non emerge come una sua diminuzione ma, al contrario, non fa altro che
assecondare la “presenza anti-materica dell’opera” (Gianni Caravaggio). Il sito di Roaming, costruito anch’esso
dinamicamente e secondo una semiotica partecipativa, amplifica e mette a fuoco
questo spazio processuale in cui l’opera si forma e si produce. La dimensione
dissolta della rete induce una tensione verso l’anonimato: i “contribuenti” di Roaming sono condotti a depositare il
proprio contributo nel processo di formazione, de-autorializzandolo e creando
una confusione identitaria tra le opere e le immagini, tra il lavoro degli
artisti invitati e il racconto dei documentatori.
Ma le opere sono già all’origine
nascoste, reclinate nella loro esistenza interstiziale. E in parte manipolate nell’integrazione con uno
spazio sempre molto connotato. Agire nella storia dello spazio e accorgersi che
l’opera è sempre fuori dal suo territorio – oppure che si riterritorializza a
ogni sua ricollocazione – aiuta Roaming a intrecciare le proprie istanze
con la contingenza dei luoghi ospitanti. Più che gli oggetti, sono all’opera le
loro sostituzioni: l’evento sostituisce la messa in mostra, l’immagine
dell’opera sostituisce l’opera, lo spaesamento sostituisce la comprensione.
L’assetto osmotico del progetto, infine, mette in campo
un’assunzione di responsabilità del proprio compito artistico. Le produzioni di
Roaming escono
dall’inerzia della contemplazione per risignificare continuamente ciò che è
stato prodotto. Gli artisti (tra cui Jiri Kovanda e Ryan Gander) accettano per attrazione il
coinvolgimento in un’occasione di produzione in totale gratuità e secondo
istinto. E anche questa pubblicazione, forse, è un arruolamento. Un essere
preso, temporaneamente, nella rete.
L’ultima apparizione in ordine di tempo è stata a Genova,
a Villa Croce. Il 24 settembre, per un giorno soltanto e per l’evento
intitolato Off-cells: pratiche
della non visione,
un gruppo di artisti composto da Nina Beier, Ermanno
Cristini, Vicky Falconer, Ryan Gander, Federico Maddalozzo, Giovanni Morbin, Andrea Nacciarriti, Luca Scarabelli, Alessandra Spranzi e Adam Thompson ha lavorato in maniera intestiziale sulla collezione
permanente del museo.
Il prossimo appuntamento è invece
previsto il 4 dicembre a Losanna, presso il Museo d’Arte Contemporanea. Un
intervento nell’ambito del festival Les Urbaines, dedicato all’arte emergente.
Durata: un solo giorno, comme d’habitude.
simone frangi
Info: info@roaming-art.it; www.roaming-art.it
[exibart]
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l'idea è carina, anche se non così originale, ma contestualizzare l'evento di un giorno con tutte quelle parole per spiegarlo è quantomeno pesantissimo e inutile.
la necessità di un evento che nasce e muore in un giorno viene perchè certi spazi possono essere vissuti solo nel giorno dell'inaugurazione ed è assolutamente inutile tenere aperto per più tempo.
ma perchè nell'arte bisogna far diventare ogni cosa una menata?
questa è una semplice trovata di marketing ed è bella x quello!