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fino al 1.III.2002 | Eternal City – Miwa Yanagi | Roma, Istituto Giapponese di Cultura

di - 8 Febbraio 2002

Immagini a colori che paiono monocromatiche, figure statiche non protagoniste, perse in un contesto visibilmente non proprio, atterrite, stupefatte e del tutto inermi all’interno di un mondo che pare irreale e futuristico, fin troppo. È questa la contestazione apparente di una artista sensibilmente consapevole dell’accelerazione inumana del tempo moderno, che con le sue fotografie cerca disperatamente di porre un freno allo svolgersi turbinoso delle ere. Chiara dichiarazione di guerra alla modernità impersonale e vuota, Miwa Yanagi evidenzia l’anacronismo della mente orientale, troppo radicata e convinta delle proprie tradizioni, filosofia ed educazione, da poter permettere al tempo e ai moderni disvalori, di distruggere, all’improvviso, la saggezza di millenni. È l’orgoglio giapponese che si ribella, non palesemente manifestando come la civiltà occidentale ci ha abituato, ma con dolce calma e decisa dignità, con l’eleganza e delicatezza del sorriso silente e triste di una moderna geisha.
Non c’è natura intorno, né il vago ricordo di un albero, un fiore, persino dell’aria. Sembra impossibile persino respirare, ed, in effetti, non lo si fa. Lo strapotere del cemento annulla totalmente ed irrimediabilmente la componente naturale, ed obbliga alla non – vita. Non può esservi vita, infatti, se non in armonia e nel rispetto della natura, e questo un giapponese lo sa. L’ordine, la pulizia, ma al contempo l’asetticità che le abbraccia, non può essere vista con occhi benevoli: è inaccettabile.
Non a caso, Yanagi vive a Tokio, dove proprio le sue più tremende paure si sono tradotte in cinica realtà, e dove persino i templi, fiera roccaforte di una religione – filosofia potentissima, vengono travolti da montagne di cemento armato.
E non a caso, ancora una volta sussurrando gentilmente, è proprio da Tokyo che parte la sua contestazione fotografica, alla riscoperta di quelle piccole farfalle che un tempo facevano capolino dalle siepi dei giardini giapponesi. Le sue bambole in uniforme tutte uguali, dichiarano apertamente il loro imbarazzo verso una modernità che premia il singolo emergente.
Mute, queste donne manichino rimangono atterrite paradossalmente proprio di fronte ad una società che le vorrebbe al pari degli uomini, e così, d’emblée, si ritrovano ad essere artefici del proprio destino. Terribilmente incomprensibili per la mentalità occidentale, che combatte a spada tratta ogni forma di servilismo, queste gigantografie candidamente osano affrontare la possibilità di scelta, che non necessariamente deve optare per l’estrema libertà.
È la sconfitta dell’individualismo egoista occidentale, che, nonostante la sua risonante e tanto predicata “giustizia” difesa fin anche all’inverosimile, si ritrova vinto dal silenzio della meditazione della filosofia orientale.
Tutte uguali ma unite, queste timide ragazze, riescono a mettere in secondo piano l’enorme spazio circostante, e con la tranquillità di sempre decidono di propria sponte di non essere protagoniste, ma di ritornare alla semplicità ed umiltà di sempre, che sola riuscirà a combattere, e vincere al fine, il disvalore imperante.
Non pare morta la speranza, quindi, di “riottenere il proprio giardino”, e il mirino d’ombra, ora solo agli angoli dell’obiettivo, va lentamente ma inesorabilmente chiudendosi, proprio all’interno della macchina fotografica della Yanagi… La morale di una vita di scatti e di pensieri, è la stessa da sempre e cioè, come dice un vecchio proverbio giapponese, Iddio dimora nella testa degli onesti
E la vittoria come sempre, non sarà salutata con un sorriso, ma con un tenero e riservato inchino del capo…

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Miwa Yanagi – Eternal City a cura di Samuel Fuyumi Namioka
Istituto Giapponese di Cultura, Via Gramsci 74, 063224754 lun_ven 9-12.30/14-18.30 mer fino alle 17.30 ch sab_dom
Ingresso libero


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