Grottesca e surreale sono i termini che definiscono la passeggiata romana del Bread Man di Tatsumi Orimoto (Kawasaki 1946) per le strade romane. Un intreccio di pane copre il suo viso. Una pseudo maschera con la quale frequenta luoghi pubblici, compra alimenti e souvenir, stringe mani ai passanti e scatta foto turistiche. Il pane è un cibo di tutti, sembra voler comunicare la performance di Orimoto. Per orientali e occidentali rimane tale, e se câè un significato sotteso, è quello banalmente condiviso, su cui tutti concordano: piace, e piace a tutti.
Lâartista, cresciuto negli ambienti Fluxus e allievo di Nam Jun Paik, fa della performance la propria pratica di vita. La scelta di questo mezzo gli permette di fare arte a partire dalla reazione di chi la percepisce, mentre la scelta del pane come elemento di base permette che siano tutti a poterla ricevere.
Sala Uno, ex cripta del santuario della Scala Santa, offre la visione di alcune delle fotografie e di un video realizzato appositamente per lâesperienza romana a cura di Sergio Marcelli, documentando la biografia artistica di Orimoto a partire dal soggetto che egli predilige: la madre (Art Mama). La donna, affetta da Alzheimer, è centrale in tutte le fotografie. Lo storico impianto architettonico della galleria si presta ad un felice incontro/scontro con lâarte contemporanea e il progetto culturale, trasversale le differenti forme artistiche, voluto negli anni â70 dallo scultore Tito Amodei, sembra accordarsi perfettamente allâaria di internazionalitĂ e intermedialitĂ visiva che la mostra e lâartista vogliono offrire.
Le fotografie in reflex ci introducono direttamente nella vita di Orimoto: il suo intervento è orientato alla scelta delle luci, alla disposizione simmetrica dei soggetti, degli spazi che fanno da sfondo. Gli ambienti sono pubblici e privati, i personaggi che li animano sono in pose studiate, le riprese sono frontali e, al centro di tutto sta la figura materna. Intorno o sulla sua testa spesso pesa qualcosa, un pneumatico o un carico di giornali, un elemento che fa da intruso alla composizione ordinata o che si carica metaforicamente del significato della malattia che âpesaâ sulla donna. Il culmine visivo lo si raggiunge nella parte finale, dove il percorso si chiude con Small Mama and Big Shoes, in cui lâinterezza della madre in equilibrio su scarponi mette in risalto, nellâapparenza di un gioco di lenti di ingrandimento, la figurina precaria ed esile, vittima di una malattia distruttiva.
Lâabbattimento del binomio arte/vita tipico dei Fluxus è il definitivo contributo che si vuol trarre e, tuttavia, sulla premessa di unâarte fruibile da tutti -il pane come metafora conciliatoria- la vita che Orimoto sembra offrire è la propria. Allâostentazione del dramma familiare sostituisce lâironia del gioco della performance, e negli sguardi divertiti o indifferenti della gente crea unâarte di cui, prima di tutto, si vuole far partecipi.
Sala Uno calibra gli spazi tra le fotografie, sottintende un percorso lineare, eguaglia i due pesi, da un lato allâaltro della galleria, fra il Bread Man e lâArt Mama. Rimandando ad unâesperienza che si fa fuori di sĂŠ, nei luoghi del centro storico capitolino, spazi dâincontro fra etnie e nazionalitĂ differenti per unâarte da condividere. Come il pane.
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