Due mostre sono ospitate contemporaneamente negli spazi della romana Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia. La prima, San Lorenzo, allestita nelle Gallerie, presenta una raccolta di opere appositamente concepite da sei nomi di spicco del panorama artistico capitolino: Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Nunzio, Piero Pizzi Cannella e Marco Tirelli.
Non è la cifra stilistica il comune denominatore di questi artisti, ma una condivisione di spazi e di esperienze. Il tempo e il luogo: gli anni settanta e l’ex Pastificio Cerere di Via degli Ausoni, quartiere San Lorenzo. Iscritti all’Accademia di Belle Arti, uno dopo l’altro (il pioniere è Nunzio nel 1973) affittano i locali in disuso del Molino che per più di mezzo secolo aveva fornito la farina ai romani. Tra montacarichi e grandi finestre, ognuno organizza i propri atelier, aperti al pubblico per la prima volta nel 1984 per un evento curato da Achille Bonito Oliva. La mostra negli spazi romani non insiste però sulla chiave di lettura storica, se non nel titolo, di questo gruppo eterogeneo: le opere sono concepite in assoluta autonomia di tecniche e intenti. Le dodici sedute in bronzo di Gallo, le spaziali sfere luminose dipinte da Tirelli, la grande spirale di legno di Nunzio, la mappa di Roma lunga dieci metri di Pizzi Cannella, i felici disegni su feltro di Ceccobelli e un mitologico gigante accovacciato (e sfilacciato) di Dessì. Tra pittura e scultura, un breve, multiforme assaggio dei singoli artisti, con la consapevolezza di non essere né a San Lorenzo, né negli anni settanta. E con una pulsione all’omaggio ed alla storicizzazione -gli artisti di San Lorenzo stanno avendo, a turno, tutti una personale al Macro- che deve moderarsi prima di eccedere.
Per calarsi davvero in una dimensione altra, basta invec
Le case distrutte dal terremoto in Irpinia accanto ai volti alienati nell’ospedale psichiatrico di Salerno; le processioni a Capri e le manifestazione per il lavoro a Napoli nel 1975. Ma anche Cuba, New York, Parigi o Mosca. Eppure la sensazione, in questo caso, è di grande omogeneità, di un intento realistico e sincero nel fissare immagini che per la loro forza narrativa non necessitano di ulteriori commenti.
A conclusione della mostra, un toccante documentario girato nel 1969 da Michele Gandin che utilizza le immagini della serie Gli Esclusi, in cui D’Alessandro indaga le condizioni di vita pressoché disumane dei reclusi negli ospedali psichiatrici.
chiara costa
mostra visitata il 26 novembre 2006
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