Nel caso dei quadri di Monet, l’effetto consueto è accentuato dalla quasi invisibilità delle suddette fonti, che è sicuramente un pregio per l’eleganza dell’ambiente e l’assenza di ombre e riflessi, ma che genera un’implicazione ottico-psicologica singolare e, in questo contesto, francamente discutibile.
Monet, infatti, era capace di far brillare le sue tele di luce propria, senza l’intervento di espedienti scenografici di questo tipo. La luce naturale, che il maestro francese tanto appassionatamente cercava di restituire con i soli colori della sua tavolozza, ne esce tristemente sconfitta. Ogni vibrazione si smorza, la qualità sorprendente delle pennellate è nascosta, e l’incomparabile capacità dell’artista nel rendere gli effetti luminosi e atmosferici ne risulta svilita.
Non mi si fraintenda: sono assolutamente favorevole all’utilizzo di criteri espositivi innovativi e di impianti di illuminazione all’avanguardia, ma credo che l’obiettivo principale delle ricerche in questo campo debba essere la comprensione e il rispetto delle differenti condizioni percettive che l’opera di ogni autore richiede.
In questo caso (e non è un caso isolato), mi sembra si sia ceduto ad una sterile volontà di spettacolarizzazione, ma essere all’avanguardia non significa fare sfoggio di tecnologie sorprendenti, ma dimostrare intelligenza e creatività nel loro utilizzo.
Il dibattito sui criteri di allestimento di musei e mostre temporanee è naturalmente sempre aperto ed è un fatto ovvio che non esistano norme universalmente valide da applicare con sicurezza in ogni circostanza; ma questo assunto dovrebbe far ricordare che organizzare e allestire una mostra è anche e soprattutto un atto critico, anche quando si tratta di maestri indiscussi come Monet.
Per questo, la scelta di un modulo di allestimento così invasivo e determinante per la percezione delle tele, andava quantomeno giustificata e difesa nel (deludente) catalogo. Quest’ultimo non contiene infatti una sola parola al riguardo ed è questa la vera mancanza, il segno indiscutibile di quanto poco seriamente si consideri il problema.
valentina tanni
[exibart]
Fino al 2 giugno 2024 Palazzo Sarcinelli a Conegliano ospita la mostra “Oltre il Sé Visibile” a cura di Simone…
Al Museo dell'Arte Classica dell'Università La Sapienza di Roma va in scena la mostra personale di Alessio Deli: sculture sulla…
All’IFC di New York, l’anteprima di un documentario che svela i retroscena della Biennale di Venezia del 1964, con l’intervento…
Luca Guadagnino e Nicolò Rosmarini dirigono la terza edizione di Homo Faber, che si terrà dal 1 al 30 settembre…
Il 16 maggio, al Museo Orientale di Torino sono stati presentati i primi risultati del progetto ASBA per il personale…
La residenza Sguardi Urbani a Casa degli Artisti di Milano si chiude con la presentazione di Walking Symphony, progetto ideato…
Visualizza commenti
Hai ragione da vendere. Possibile che gli elettricisti partecipino così pesantemente al risultato finale di quasi tutte le mostre? Allestimento, documentazione, cataloghi, orari, sono forse inutili orpelli in quanto non necessari per i risultati che si vogliono ottenere e che sono diversi da quelli che ci si potrebbe aspettare?
Sponsor, piccole imprese, enti pubblici, custodi e precari che vivono sull'organizzazione delle mostre ottengono comunque il loro risultato? Quale è il fatturato di questo settore?
Possibile che neanche qui la qualità paghi? Non è un paradosso?
ho visto la mostra straordinaria è stato bello
vedere monet emozionante anche se mancava qualche quadro che avrei voluto vedere ben fatta consiglio a chiunque di vederla