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Architetture visionarie. Il progetto fotografico di Camilla Borghese in mostra a Napoli

di - 7 Maggio 2018
L’astrazione geometrica del reale è fatto antico. Per lungo periodo coincide con la ricerca dell’ἀρχή, principio generatore dell’esistente, e guida la speculazione di Eraclito, che individua i tre elementi primitivi: il punto, la retta e il piano. Sintesi e astrazione a partire dal manufatto architettonico, sono d’ispirazione per la fotografia di Camilla Borghese, per la prima volta a Napoli con la mostra personale “Orizzonte Verticale”, fino al 12 maggio a Castel dell’Ovo. Il progetto espositivo è organizzato da Spazio Nuovo, galleria diretta da Paulo Pérez Mouriz e Guillaume Maitre, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli. Marina Guida, curatrice della mostra, chiarisce che «Il titolo è un omaggio al libro di Stefano Bartezzaghi del 2007, per il richiamo ad un caleidoscopio metropolitano, in cui si frammentano e ricompongono in griglie cartesiane, nella retina dell’osservatore, elementi eterogenei: forme architettoniche classiche, frammiste a quelle contemporanee».
Le 27 fotografie di grande formato e stampate su carta cotone, così come il polittico dal titolo Dialoghi urbani, rimandano all’origine dell’idea e alla purezza del progetto architettonico: un viaggio a ritroso dalla materia alla bidimensionalità del foglio da disegno, che talvolta approda alla costituzione di autentici pattern grafici, come nel caso di 12.47.Rome e di 19.07.New York, in cui le colonne del Tempio di Adriano si confrontano con la verticalità dell’AT&T Building. L’ora di scatto, riportata nei titoli delle opere, ha un’importanza cardinale per chi, come Camilla Borghese, fotografa a luce naturale e costruisce le immagini nel tempo, in continuo dialogo con il dato reale e metereologico, studiando i volumi dei soggetti e intercettando impercettibili sfumature cromatiche, limate, in fase di sviluppo, con un certosino lavoro di postproduzione.
Se l’astrazione dell’idea è il fine della ricerca, l’elemento imprevisto ricongiunge al concreto presente come avviene in 13.09.Rome, 10.55.Rome e 10.32.New York, in cui le minuscole figure umane resistono non del tutto annullate dai massicci volumi del Colosseo, dell’Arco di Costantino e del Ponte di Brooklin.
In architettura, i materiali sono cambiati. L’acciaio, il cemento e il vetro hanno sostituito il marmo e il piperno. Resta invariata, seppure modificata nei secoli, l’iniziale visionarietà del progetto, in cui si struttura il dialogo tra immaginari stratificati. La stessa Borghese si è resa conto che «La pittura del Quattrocento e del Cinquecento, che ho studiato per anni, e in particolare le quinte architettoniche dipinte da Piero della Francesca nei suoi quadri sono, sul piano inconscio, parte del mio lavoro e riemergono nelle fotografie che costruisco».
18.55.New York si discosta apparentemente da questa ricerca: il National September 11 Memorial si trasfigura in una cosmogonia ancestrale, un buco nero che è origine e fine di tutte le cose. Eppure è nesso evidente con quell’ ἀρχή che ha rappresentato la sfida più grande per i pensatori di ogni epoca. (Giovanna Bile)

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