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Beni culturali tra devolution e privatizzazione, un convegno a Roma

di - 19 Giugno 2003

Alla vigilia di una nuova riforma del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della formulazione di un nuovo Codice per i beni culturali, Italia Nostra organizza un pubblico contraddittorio sul futuro dei musei italiani, come già fece lo scorso anno con il convegno “Può il museo diventare un’impresa?“.

Sarà un approfondito confronto tra protagonisti della cultura convinti statalisti – come il professor Salvatore Settis, da alcuni mesi consulente del Ministro Urbani –, lo stesso Presidente di Italia Nostra Desideria Pasolini dall’Onda e il senatore Giuseppe Chiarante Presidente della Bianchi Bandinelli, da una parte; e da altrettanto convinti regionalisti come Massimo Montella, responsabile dei musei e beni culturali della regione Umbria, dall’altra.

Il caso di studio, illustrato dal vicepresidente di Italia Nostra Francesco Canestrini, che darà al confronto un riscontro con la realtà della gestione dei beni culturali italiani, è quello della Reggia di Caserta, bene di altissimo valore ancora oggi sottoposto ad usi impropri da parte dell’Aeronautica militare. Quale sarà il suo futuro? Una fondazione pubblico privata, come quella del Museo Egizio? Sul funzionamento di quest’ultima riferirà Elvira D’Amicone, della direzione del museo stesso. Altre soluzioni ancora? Le esporrà Marco di Lello, Assessore ai Beni Culturali della Regione Campania.


Roma, 20 giugno 2003, ore 15.30
Sala dei Dioscuri – Via Piacenza, 1
Il programma della giornata è consultabile su www.italianostra.org.
Info: Cristiano Brughitta 06.84.40.63.23 – 338.887.88.16


[exibart]

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  • Per il futuro dei beni culturali non si tratta di essere o non essere statalisti: la Costituzione italiana afferma che il patrimonio storico e artistico italiano è dello Stato e pertanto è inalienabile. I privati possono godere di esso, ma l'amministrazione di tali beni non può essere delegata ad alcuno, se non allo Stato stesso che ne è il garante e proprietario.Quindi la polemica in atto è contro chi ignora, o fa finta di ignorare, questo punto fondamentale. Ma è l'arroganza politica e l'ignoranza che porta a questo stato di cose per cui i beni culturali sono visti solo come risorse "economiche" e non per quello che ossi sono cioè testimonianze storiche della civiltà. Teniamolo ben in mente. A Urbani dico: cambia mestiere.

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