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Fabbri e genti italiche. A L’Aquila, in esposizione i due Cascella inediti e ritrovati

di - 29 Novembre 2018
Lo scorso 22 novembre, a Palazzo dell’Emiciclo dell’Aquila, sede del Consiglio regionale abruzzese, è stato presentato al pubblico il ritrovamento dei pannelli decorativi realizzati intorno al 1937 da Basilio e Tommaso Cascella su commissione, probabilmente, del Ministero dell’Interno. Autore di questa scoperta è il collezionista e storico dell’arte Andrea Iezzi.
Secondo Iezzi, «Il gruppo dei quattro grandi pannelli raffigura le allegorie dell’Industria e dell’Agricoltura, in un’antichità mitica e nel presente. I pannelli erano probabilmente destinati a decorare una stanza di rappresentanza. Il ciclo è stato realizzato nello studio pescarese di Basilio e Tommaso Cascella. Si distinguono, infatti, due mani diverse, come confermato anche da Leonardo Severini che ha seguito un magistrale restauro dei dipinti. Le opere che compongono questo ciclo sono certamente rimaste nello studio dei due artisti fino alla fine del 1943, quando sono stati coperti i fasci littori che strutturano gli episodi rappresentati. Per le grandi scene agresti, allegorie dell’Agricoltura in una mitica antichità (nel pannello mancano gli episodi collaterali), e nella modernità (con l’agricoltura organizzata e i mezzi meccanici), si riconosce la mano di Tommaso Cascella. In una collezione privata pescarese esiste un bozzetto nel quale sono proposti alcuni episodi di questo fregio, firmato da Tommaso Cascella e datato 1936. Queste due tele, propriamente dette Gente italica, rappresentano una visione serena, debitrice dell’arte del Quattrocento, e sono strutturate come un’allegoria la cui suggestione proviene dal Salone dei Mesi di Schifanoia a Ferrara. Al contrario, le scene con i Fabbri, allegorie dell’Industria (nell’antichità e nella modernità) sono risolte con una giustapposizione di figure ed episodi che risentono delle istanze della pittura muralista di Sironi e sono riconducibili alla mano di Basilio Cascella. Quest’ultimo fece un grande sforzo per aggiornare il proprio linguaggio con la pittura celebrativa del regime fascista.
Questo ciclo inedito di opere attende ancora uno studio che ne rintracci la commissione pubblica, e determini perché non sia mai stato ultimato e consegnato al committente. Dalle notizie desunte da più biografie di Basilio Cascella, è agevole pensare che si tratti della decorazione perduta, commissionatagli dal Ministero dell’Interno, e realizzata intorno al 1937. Come in altre imprese decorative pubbliche di quegli anni, era consuetudine di Basilio avvalersi della collaborazione del figlio (prediletto) Tommaso». (Cesare Biasini Selvaggi)

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