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Miami Art Week/3. Untitled Art Fair: una riconferma di buona qualità e originalità, sulla riva dell’oceano

di - 30 Novembre 2016
Untitled Art Fair, dal 2012, anno del suo debutto a Miami, ne ha fatta di strada. E se l’anno scorso l’edizione non era niente male, con la louge arredata da Seletti e Toilet Paper, quest’anno si bissa. Tanta qualità, insieme a parecchio colore e originalità. Ma siamo pur sempre negli Stati Uniti, per di più a sud, e quindi potete dimenticarvi il rigore elvetico nelle fiere, Art Basel esclusa, ovviamente.
Abbondante, ovviamente, la presenza di pittura. Ne avrete per tutti i gusti: informale, figurativo, minimal, pop, pittura-scultura, collage, ad olio, ad acrilico, in vernice, con inserti o nuda e cruda. Ancora una volta, la grande assente, è la fotografia, ad eccezione di un paio di stand. Uno di questi è il bellissimo (e questo sì, rigoroso) spazio di Toluca edizioni di Parigi. In scena ci sono libri di Araki e Ruff, ma sono così speciali che sono stati appesi alle pareti e messi sotto eleganti teche. Chapeau. Spezzano un porco l’ordine delle tele, invece, una serie di oggetti in tessuto: spesso sono quadri, ma la dicono lunga sul fatto che il genere “arazzo”, “telaio”, “tessuto” sembra aver ripreso un poco quota. Ci sono per esempio le creazioni ipercolorate di Zac Ové, sia alla galleria Rosa Santos di Valencia, che alla Modern Forms di Londra, che ha un solo show dell’artista, mentre da Ana Mas Project piccoli e deliziosi “fazzoletti” firmati da Alana Iturralde. Teppei Kaneuji invece espone da Jane Lombard di New York una serie di compressioni di oggetti cuciti in bianco nero, quasi come fossero dei “Tutto” boettiani in versione nippo-americana. Tappezzeria, ma di quella decisamente buona (leggi arte) anche per Marso di Città del Messico. Sono arazzi di Carlos Arias. Interessanti anche le sculture polimateriche di Sylvie Auvray, esposte da Laurent Godin di Parigi.
Ma quali sono i veri best of? Stavolta vogliamo giocare in casa: Maurizio Caldirola Arte Contemporanea di Monza, unici italiani in fiera, con un bello stand con un’installazione realizzata appositamente da Paolo Grassino, il cui contrasto tra nero e bianco fa da contraltrare ai colori di Nicola de Maria. «Siamo davvero soddisfatti di essere qui, è la nostra prima volta e qualunque cosa accadrà andrà bene comunque», ci dicono.
Accanto a loro, invece, un’altra perla: è la galleria Thomas Fuchs di Stuttgart che ripropone un “ripescato” e formidabile: Patrick Angus. Pittore newyorchese, morto a 38 anni di HIV, guardava all’Hockney degli anni ’60, alla scena gay della Grande Mela, e non ha ottenuto il riconoscimento che oggi gli spetta per una serie di immagini davvero magnetiche, attualissime. Ci penserà anche il kunstmuseum di Stuttgart, il prossimo anno, con una retrospettiva – annunciano i galleristi – che ci mostrano anche lo splendido catalogo edito da Hatje Cantz. E qualche bel bollino rosso su pezzi decisamente abbordabili, ancora. Tutte le foto potete trovarle sulla nostra pagina facebook.

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