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Nell’epoca della crisi della cultura qualcuno va controcorrente. Per esempio Savona, che da oggi ha il suo nuovo Museo della Ceramica

di - 17 Dicembre 2014
È collocato nello storico edificio quattrocentesco del Monte di Pietà, aperto per la prima volta al pubblico dopo i restauri, ed ora collegato all’attigua Pinacoteca Civica. Siamo a Savona, città ligure di certo non famosa per il contemporaneo ma per altre tipicità legate al suo territorio, come le celebri ceramiche di Albisola, entrate nella storia dell’arte grazie a un folto gruppo di artisti che nella seconda metà del ‘900 aveva creato una sorta di “dependance” ligure, da Lucio Fontana in giù. E oggi, proprio nel capoluogo, nasce un museo dedicato alla ceramica, grazie all’impegno della Fondazione De Mari e il Comune, che hanno radunato un migliaio di opere che vanno dal XV secolo al contemporaneo, selezionate dalle curatrici Cecilia Chilosi ed Eliana Mattiauda.
Un percorso, dunque, che si interseca anche con gli spazi della Pinacoteca, che raccoglie oltre alla Crocifissione di Donato de’ Bardi, il fondo Milena Milani in Memoria di Carlo Cardazzo, che conta opere di Picasso, Fontana, De Chirico, Magritte e Mirò, oltre a una serie di progetti realizzati per la Biennale della Ceramica, da Michelangelo Pistoletto, Adrian Paci, Yona Friedman, Alberto Garutti, Ugo La Pietra, Alessandro Mendini, Andrea Branzi, Pekka Harni e Franco Raggi.
«La nascita del Museo della Ceramica [che appartiene al MUSA, Musei Civici Savonesi n.d.r.] e la creazione, con esso, di un nuovo polo culturale della ceramica savonese rappresentano un’importante opportunità per la città per favorire lo sviluppo turistico e culturale del territorio. A partire dalla realizzazione di un centro espositivo di questa portata, l’obiettivo è quello di far sì che la nostra città e le sue storiche peculiarità artistiche possano trovare un ruolo preminente nell’ambito della ceramica italiana», sono state le parole di Federico Berruti, Sindaco di Savona. Insomma, anche qui si tratta di un investimento sul territorio, sperando che non rimanga una sorta di bene “dormiente”, come spesso capita alle realtà delle province italiane, ma che possa riscattare una bella regione, con ottime tradizioni creative.

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