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Siamo arrivati al punto in cui la Rai decide di censurare The Wolf of Wall Street

di - 11 Febbraio 2019
Si può prendere un film candidato nel 2014 all’Oscar per il miglior film, il miglior regista, il miglior attore protagonista, il miglior non protagonista e la miglior sceneggiatura, solo per mandarlo in onda su un servizio pubblico tagliandone scene gratuitamente e censurandole? No, mi direte certamente. Assolutamente no. Eppure questo è accaduto l’altra sera e non in chissà quale sperduto Paese lontano da noi, dove impera la censura e lo Stato si arroga il diritto di tutelare la moralità e il comune senso del pudore dei suoi vulnerabili cittadini.
E’ accaduto da noi, sì qui da noi, nell’Italia del cambiamento e, soprattutto, nella Rai del cambiamento. Rai 2 per la precisione. Insomma accade che The wolf of Wall Street di Martin Scorsese in programmazione in prima serata abbia subito dei tagli a caso, a discrezione diciamo del censore di turno, tagli che hanno riguardato scene ritenute probabilmente troppo forti per essere inserite in una prima o seconda serata che fosse.
Sinceramente anche io, lì per lì, lo avevo ritenuto impossibile. Fra la pubblicità che andava a raffica, lo zapping e postumi di influenza, poteva essere imputato alla distrazione, il non aver visto quella scena spettacolare. C’era stato un vago senso di destabilizzante mancanza di qualcosa trovandosi all’improvviso Leonardo Di Caprio/ Jordan Belfort steso sul divano che si svegliava con la polizia davanti. Catapultato lì, senza le scene precedenti, forti ma meravigliosamente descrittive di lui che assume droga creduta scaduta, salva il suo amico Donnie e poi si trascina rantolando salvandosi lui stesso per miracolo. Invece no, non erano i postumi dell’antistaminico a dare quel senso di vaghezza ma erano proprio le scene che mancavano! L’inconcepibile “zap” del censore di Rai 2 che si era assunto l’onere di tagliare un simile film!
Ecco, allora, io non credo che basti l’indignazione montata su Twitter appena qualcuno si è riavuto dallo sgomento e dallo sconcerto, pensando impossibile, oggi, in Italia, una simile cosa! Qui accade che mentre mezza Italia se ne stava stravaccata a guardarsi Sanremo dall’altra parte, senza davvero nessuna vergogna si tagliasse e si censurasse un film capolavoro. Domanda: siamo a questo? A far passare una cosa simile? Oppure chiediamo conto al nuovo direttore di Rai 2, Carlo Freccero, che tanto si è allargato qualche settimana fa nel far passare come aperto e illuminato il suo avvio di direzione con la presunta svolta disinibita dell’ormai anacronistico Ultimo tango a Parigi? Questo per autorizzare, poi, la sua rete a deus ex machina di moralismo cinematografico al di sopra di registi e capolavori consacrati? Via su, che ci rimandino le repliche de La signora in giallo, allora, o che continuino con l’Ispettore Derrick, buonanima. Ma la censura no.
Quantomeno nell’antica Roma il compito dei due magistrati censori incaricati era codificato e pubblico, con una pubblica, dichiarata funzione. Sono passati i secoli per arrivare, oggi, alla subdola e paradossale situazione di ritrovarceli nelle nostre case senza volerli, senza che nessuno se ne accorga o, peggio ancora, dica o poi faccia qualcosa il giorno dopo?
“La censura è sempre uno strumento politico, non è certo uno strumento intellettuale. Strumento intellettuale è la critica, che presuppone la conoscenza di ciò che si giudica e combatte. Criticare non è distruggere, ma ricondurre un oggetto al giusto posto nel processo degli oggetti. Censurare è distruggere o almeno opporsi al processo del reale”. Lo scriveva tempo fa un regista, era Federico Fellini. Chissà cosa avrebbe detto di quanto accaduto mentre tanti italiani, ignari, guardavano Sanremo e altri un film che poi non era “quello”. (Milene Mucci)

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