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Tutto Bologna/10. Altro giro, altre gallerie. Seconda tornata ad Arte Fiera

di - 2 Febbraio 2019
A Bologna puntuale come ogni anno ha aperto i battenti la più longeva fiera italiana, catalizzando l’attenzione del mondo dell’arte, nazionale e non solo. Soddisfatto fin dalle prime ore si è detto il nuovo direttore artistico Stefano Menegoi che, per la sua prima edizione, ha chiesto alle gallerie di portare non più di tre artisti (sei per quelle più grandi), al fine di indurre a riflettere sulle proprie scelte e sul proprio assetto promozionale. Una scelta curatoriale che ha inevitabilmente improntato l’intero percorso fieristico, in cui abbondano gli stand monografici o quasi, creando non solo spazi espositivi altamente scenografici ma evitando anche ripetizioni spesso dannose tra le gallerie invitate.
Poche le sorprese nel padiglione 26, quello della Main section, con le grandi gallerie italiane, da Tornabuoni a Tega, da Guastalla allo Scudo. Moltissimi i capolavori ma non tutti gli stand superano il mero approccio mercantile. Spiccano tuttavia per qualità le esposizioni di Copetti Antiquari di Udine che propone un riuscito dialogo tra le sculture di Giacomo Manzù e Mirko Basaldella, e Kanalidarte di Brescia che, per la kermesse emiliana, ha strutturato uno stand dedicato al gioco, con opere di Aldo Mondino, Jean Tinguely e Antonio Riello. Un trittico, pensato però nel segno della geometria e del colore, è anche quello proposto da ABC Arte di Genova, con i lavori di Giorgio Griffa, Tomas Rajlich e Carlo Nangeroni.
Meno prevedibile, invece, è apparso lo scenario del padiglione 25 dove molti sono gli stand monografici. Studio Sales di Roma, per esempio, propone una personale di Flavio Favelli mentre Di Paolo Arte di Bologna presenta un solo show di Roberto Crippa, dai lavori informali degli anni Cinquanta (celebri le sue Spirali) ai lavori materici degli anni Sessanta e Settanta, realizzati con carte e legni combusti. Marcolini di Forlì, in collaborazione con lo Studio Stefania Miscetti di Roma, propone la personale di Silvia Giambrone, artista raffinata e complessa, da tempo impegnata a indagare gli spazi domestici e i riti a essi collegati, che nella combinazione di fotografia, performance, cera ed evocativi elementi vegetali ha saputo creare archetipi esistenziali, affascinanti quanto problematici.
Nello stand Dep Art di Milano trionfa invece il rigore della geometria e della modularità di Wolfram Ullrich mentre AplusB di Brescia ha scelto di esporre le opere di Nazzarena Poli Maramotti, giovane pittrice gestuale, che trasforma la tela in un campo aperto in cui lontano appare il ricordo dell’originario pretesto figurativo. Un omaggio a Giacinto Cerone è quello proposto da Maurizio Corraini di Mantova che ricorda un artista sensibile che nella materia ha saputo bloccare la forza e l’impermanenza del gesto, racchiudendo in quest’ultimo tutta la gravità dell’esistenza.
Di grande impatto è anche lo stand di Vistamare di Pescara che all’esterno propone un solo show di Mimmo Jodice, mentre all’interno presenta un serrato confronto tra Ettore Spalletti e Alberto Burri: da un lato l’etereo della superficie, dall’altro la gravità della materia in un’opposizione che è cromatica oltre che sostanziale. Un dialogo a due incentrato sul rapporto uomo-natura non privo di denuncia sociale è quello proposto da Traffic Gallery di Bergamo che presenta un riuscito confronto tra i lavori video di Andreco e quelli di Virginia Zanetti. Del primo è Parata della Fine svoltasi al Centro Pecci di Prato nel 2017, della seconda è invece il video I pilastri della terra, poetica revisione del paesaggio inteso come luogo dell’umana vicenda prima che spazio naturale. Un’esibizione a due voci è anche quella proposta da MAAB di Milano che al fianco dei lavori di Marco Tirelli presenta quelli di Vincent Beaurin, sculture in vetro e polistirolo dal sapore arcaico e ipnotico.
Nella sezione fotografia, infine, insieme a Vistamare e Mazzoleni, che rispettivamente esibiscono i lavori di Linda Fregni Nagler e Massimo Vitali, si distingue lo stand di Cardelli&Fontana che propone Luca Lupi il cui sguardo si consuma in orizzonti urbani o naturali lontani e piattissimi esaltando lo spazio come elemento di vita e di possibili e strutturate relazioni. (Carmelo Cipriani)

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