Settembre, ricominciano le scuole ma anche gli appuntamenti teatrali in città. Milano ha un’offerta particolarmente ricca, basti pensare che sono oltre 60 le sale che animano le serate con un ricambio delle proposte molto veloce. Pochi i casi in cui gli spettacoli superano le cinque, se non addirittura le tre, repliche. Abbiamo riassunto qui i programmi dei quattro teatri più importanti di Milano, segnalando qualche evento da mettere già in agenda, da oggi a Natale.
La stagione teatrale di Triennale Milano Teatro rende omaggio al CRT Centro di Ricerca per il Teatro, nel cinquantesimo anniversario della sua fondazione, avvenuta nel 1974 grazie al professore Sisto Dalla Palma. Il CRT si affermò come il principale centro italiano di sperimentazione teatrale. Dal 2017 la direzione artistica di Umberto Angelini ha ripreso lo spirito transdisciplinare del CRT, sottolineando l’importanza della ricerca, della sperimentazione e del dialogo tra arti, allargando il proprio pubblico. Il programma Legacy. 50 anni di teatro celebra questo percorso, dando voce agli artisti associati. La stagione apre l’8 ottobre all’insegna dell’internazionalità con Morgen ist die Frage. di Marcos Morau, per investigare chi siamo e dove stiamo andando, in una seduta spiritica euforica e catartica che celebra la fragilità della vita. Prima assoluta per La foresta trabocca di Antonio Tagliarini (14-16 novembre), un’azione sonoro-performativa che, a partire dalle riflessioni del teorico queer Jack Halberstam, propone una nuova visione del concetto di fallimento come forma di libertà. Chiude il calendario degli appuntamenti autunnali La Visita, quarta e ultima tappa del progetto formativo ideato da Romeo Castellucci, Grand Invité di Triennale Milano per il quadriennio 2021-2024. Dal 30 novembre al 17 dicembre, il progetto guiderà in un percorso di incontri e laboratori un gruppo di professionisti e studenti nel campo delle arti contemporanee selezionato tramite un apposito bando pubblico e si concluderà come di consueto con un momento di apertura al pubblico.
Il Teatro d’Europa, diretto per il terzo anno da Claudio Longhi, in scadenza a fine anno e in attesa di capire se sarà confermato, prosegue l’indagine intorno alle nuove possibilità del linguaggio scenico in dialogo con gli interessi del pubblico e le esigenze degli artisti, con un calendario fino a Natale interamente italiano. “I fili dell’orizzonte” riflette sulla complessità del presente, in cui spazio e tempo si dilatano e si intrecciano ragioni e sragioni. La metafora del “filo dell’orizzonte” non basta più a descrivere la realtà, e si propone di moltiplicarla in una trama di orizzonti intrecciati, richiamando la lunga storia del teatro nel tentativo di catturare la mutevolezza del reale.
Tra le produzioni attese per questo inizio di stagione Mein Kampf di Stefano Massini (8-27 ottobre). Nel 1924, Hitler dava alle stampa questo saggio autobiografico, che dopo essere stato a lungo bandito, è stato di nuovo stampato in Germania nel 2016. Dopo la vittoria di numerosi premi nazionali, torna Anatomia di un suicidio di Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni (11-22 dicembre), un’indagine sull’amore, sulle eredità e sul femminile.
L’immagine simbolo della stagione 24/25 è Dalle belle città di Marco Petrus, una visione che disegna prospettive inedite, rispecchiando la filosofia del teatro: interpretare la realtà, la storia e il territorio per riflettere sul presente e futuro. Il dialogo con artisti di diverse generazioni e con le comunità locali è il cuore del progetto culturale dell’Elfo, sia nelle drammaturgie originali sia nella valorizzazione dei nuovi talenti. Tra gli spettacoli, torna Beckett con L’ultimo nastro di Krapp/Quella volta (18 ottobre – 10 novembre), un’esplorazione sul suono e sulla memoria, interpretata da Ferdinando Bruni. Safari pomodoro. Una stand-up tragedy (8 novembre – 1 dicembre), testo di Nicolò Sordo diretto da Elio De Capitani e Alessandro Frigerio, prende spunto dall’esperienza dell’attore Michele Costabile in una fabbrica per la lavorazione dei pomodori.
“Dopo tanto urlare, contrapporsi, voler avere ragione, forse è venuto il momento di trovare parole d’amore senza sentire il disagio della banalità, senza credere che essere cinici voglia dire essere intelligenti. Il momento di sentire parole che ci aiutino a uscire dall’isolamento nel quale ci proteggiamo per paura di lasciarci andare. Tornare a parlare d’amore vuol dire essere capaci di ascoltare, di emozionarsi, di “mollare”. Amare la semplicità senza il timore di un ragionamento complesso. E amare le contraddizioni, le imperfezioni e la capacità di compassione e di allegria!”. Chiudiamo questa carrellata con il Franco Parenti, che propone una stagione dal titolo: e se tornassimo a parlare d’amore? Fino a Natale, in scena ben otto produzioni firmate Franco Parenti, tra cui Amleto² (10-31 dicembre) di e con Filippo Timi con le sue sodali artistiche Elena Lietti, Lucia Mascino, Marina Rocco; grande ritorno per Chi come me (1-20 ottobre), dal testo di Roy Chen adattamento e regia della fondatrice e direttrice del teatro Andrée Ruth Shammah.
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La mia fotografia è intrisa di solitudine, bellezza e femminilità.