Esistono realtà umane messe da parte, per disinteresse. A volte bisogna domandarsi, magari più spesso, se e dove si trovino quei mondi che vivono relegati e stratificati, seppur radicati, all’interno del
nostro mondo. Culture ospiti, realtà in transito che, proprio dall’interno dei loro viaggi, ci stanno modificando e cambiando alcune strutture. Mondi che hanno fatto del cambiamento e dei segni del loro territorio d’appartenenza un approccio unico di salvezza; un’intima conservazione di ricchezza naturale, una zolla mentale che isola dal dimenticare e da quel senso di allontanamento dato dall’esilio.
Come una traccia, la loro provenienza non deve essere sottratta, ma deve venir tenuta sempre addosso, a testimonianza d’identità. Esistono, soprattutto a Torino, bacini culturali, creati in nome di popoli, ormai slegati da ogni idea di nazione e lingua, anche se fortemente coesi nel descrivere il loro concetto di patria. Sono comunità, come quella nigeriana, che abitano e si inseriscono nella nostra “normale” realtà recintata, vivificando quel quotidiano sempre più discosto; quel giorno-per-giorno dal quale nemmeno per curiosità prendiamo le distanze.
Nel capoluogo sabaudo, nelle trame de tessuto urbano e sociale, si sono stabilite comunità africane che rappresentano potenziali espressivi e valoriali in continua crescita, diventando fulcri di forme, pensieri e forze che ci stanno, inevitabilmente, accrescendo. Bisogna dunque nella trasformazione, fra distanze e avvicinamenti, saper descrivere per immagini quel che, nemmeno a occhio nudo,ogni giorno, si riesce a vedere.
Grazie a
Impermanent Nigeria,
Mario Rizzi (Barletta, Bari, 1962) riesce a cogliere tanto la velocità quanto la carica di questo movimento. Attraverso quindici scatti, un film in 16 millimetri, un’installazione di immagini e suoni e una serie di ritratti fotografici, Rizzi ripropone il frusciare squillante e roboante di un progetto culturale collettivo chiamato
integrazione. Un fenomeno culturale che si sta muovendo secondo rapide svolte e che per questo sta diventando sinonimo d’incertezza e provvisorietà.
Impermanent nigeria è un progetto multimediale sul bilico e sulla precarietà che di riflesso analizzano e ripercorrono alcuni tratti della nostra società contemporanea. Nelle foto senza posa di uomini e donne in vestiti tradizionali e sulle note di danze e gospel, la memoria del mezzo fotografico diventa ricettacolo di ogni processo identitario, regalando un intimo momento d’incontro con i molteplici incroci e rimandi storico-culturali nigeriani.
Dal sapore carico e dal gusto malinconico, alcune sequenze rimettono in gioco parole come tolleranza o multiculturalità che, nei vestiti sgargianti, negli occhi caldi e nelle movenze spontanee di questa comunità, sembrano definitivamente sciogliersi, lasciando al lavoro di Rizzi la possibilità di essere e apparire come un mezzo trasparente. Che riporta e fa riflettere, senza distorcere né filtrare, lo stato di “impermanenza” di un popolo che, dopo aver tanto percorso, ora finalmente danza.