In molti lo conoscono ma pochi, in Italia, hanno avuto la possibilità di osservare in serie la modularità inventiva dei suoi lavori. Va dunque colta l’occasione per visitare
Fragile di
Chanan de Lange (Israele, 1955; vive a Tel Aviv) presso la neonata Novalis. Il designer israeliano, alla prima personale italiana allestita in uno spazio privato, mette in mostra in maniera versatile e completa alcuni lati del suo artigianale stile compositivo. Per l’occasione sono stati scelti progetti realizzati a partire dagli anni ‘90, svariati assemblaggi composti recentemente e alcuni oggetti ripensati sulla base dei materiali di recupero di cui de Lange va sempre in cerca.
Non si possono chiamare propriamente sedute o tavoli o lampade. I suoi lavori sono involucri forti e deboli, espressioni di un’identità creatrice pragmatica, coesa ed estremamente eteroclita. In patria, de Lange è considerato una vera autorità nel mondo accademico del design, in Italia ha partecipato a poche mostre, per lo più collettive, interamente dedicate all’esaltazione delle forme e all’innovazione applicativa dei materiali di recupero. Mentre raramente se n’è potuto apprezzare l’estro plasmatore e l’occhio esperto che regala agli oggetti quotidiani una seconda possibilità d’invenzione. Qualcuno la chiama una “seconda vita”.
Attraverso un fitto dispiegamento di fogli d’alluminio, imbottiture graffate, legni deposti a strati e assicelle metalliche, si ripercorre la vita impensabile e destrutturata del designer-artista; un costruttore che, dal 1994 al 2008, ha esplorato nuovi territori della produzione, inserendo eventi occasionali (si vedano le asticelle delle carlinghe degli aerei abbattuti, recuperate per diventare supporti), particelle che prima di sparire nelle macerie sono stati inseriti come materie, diventando memoria fenomenica dell’opera finale.
Fra le stanze, illuminate da una luce tenue e calda che mette in risalto i confini delle cose, sfilano i prodotti dell’eclettico de Lange, che interpreta i pezzi classici del design cosiddetto industriale (librerie, sedie, poltrone, lampade e tavolini) attraverso l’assemblaggio di sfoglie sottili, variegature dalle molteplici possibilità di visione. De Lange ha il pregio di indagare il reale attraverso processi che esplorano da vicino, fino al loro interno, le trasparenze e i lati immateriali delle diverse componenti formali.
Ogni oggetto in esposizione, compresa l’inedita installazione
Instrument men, è un lento evolversi dell’essenzialità e della pratica, quell’educazione che invade la rappresentazione della realtà attraverso la concentrazione del quotidiano, condensato in soluzioni che comprendono gli opposti. Risvolti della modernità in bilico tra fragilità e volute, patinature e lastre incerate, metalli di recupero e librerie
home-made. Elementi che rendono ciascuna porzione di spazio una dimensione antropologica occupata da cellule di cultura, pittura e architettura.