La figura dell’ondina, in mitologia, nella folkloristica letteratura norrena del XVI secolo, non ha sempre avuto un riconoscimento iconico-allegorico univoco. Leggera, velata, acquea, efebica, perfida e incantatrice, questa nivea donna-pesce è il corrispettivo d’acqua dolce delle sirene. Era una ninfa che, lungo i corsi d’acqua e le vie di percorrenza, attirava col canto i naviganti, spingendoli verso la riva sulla quale emergeva; le sue doti erano perciò causa di costanti naufragi e annegamenti.
Un romanzo del 1811, scritto dal barone de La Motte Fouquet, crea sull’ondina un enorme successo, riportando in auge l’aura del personaggio; figura che verrà inserita anche nell’
Anello dei Nibelunghi. In seguito, a causa delle sciagure che le furono attribuite, cariche episodiche che segnano la vita liminare del mito, è entrata anche a far parte del vocabolario medico, incarnando appieno una sindrome legata alle vie respiratorie. Una maledizione patologica. Gli annegamenti
per aquam, infatti, provocano nell’uomo un blocco della respirazione spontanea. Con gravi scompensi mentali e corporei.
Sulla base di questi movimenti, di chiusura e apertura, di diastole e sistole, fra mitologia e biologia, poesia e interpretazione,
Paul Etienne Lincoln (Londra, 1959) ricostruisce il viaggio di una moderna ondina (la brava soprano-attrice Nicol Renaud), presentando a Torino una personale “
in miniatura”. Una mostra progettata su un frammento di un più ampio progetto newyorkese dal titolo
Hyperbaric-Hypobaric preview.
In galleria l’atmosfera è quasi del tutto oscurata. Il video
Ondine’s Curse, proiettato su un’intera parete, fa da raccordo visivo ai pochi, selezionati oggetti
scenici esposti per la mostra; oggetti d’indole artigiana e inedita, utilizzati per e durante le riprese del lungometraggio. L’atmosfera della stanza, dunque, è tagliata da pochi spot luminosi che compongono l’intera aria magica e melodica di
Hyperbaric-Hypobaric preview (a tratti risuona il
Di Misera Regina di Monteverdi).
Le sorgenti luminose, distanziate le une dalle altre, si concentrano su alcuni manufatti; tramiti traslucidi, rimandi acquei e vettori risplendenti che narrano delicati raccordi e raffinate interpretazioni sulla maledizione dell’ondina, rivisitata dall’arte narrativa di Lincoln. Nell’ordine, emergono dal buio: una fisarmonica costruita con resine trasparenti (forse per amplificarne gli attributi timbrici), una bussola con strani punti di rotta e una misteriosa vetrinetta specchiante.
Le immagini del video, accompagnamento e traccia di un viaggio fanta-storico -a tratti compare un progettista di scafandri realmente esistito-, ripercorrono la tristezza di una ninfa. Una donna dal copricapo teriomorfo, alle prese con l’eco della propria voce, sparsa per antri e rigagnoli carsici, paesaggi che scorrono in pellicola, allargando gli spazi in galleria.
Vengono così a fondersi e a ricrearsi, tra realtà e finzione, due sguardi paralleli. Due binari visivi che investono i residui subliminali e mitologici della tridimensione, con un canto senza coro, una lirica senza orchestre, oggi forse troppo dimenticata.