“Sono stato letteralmente conquistato dalla pittura: è qualcosa che mi dà spazio, che mi apre conoscenze, idee”. Queste parole chiariscono come per Salvo (Salvatore Mangione, Leonforte, Enna, 1947; vive a Torino) la pittura sia una sorta di qualità innata, un potenziamento dello spirito. La sua ricerca nasce agli inizi degli anni ’70 –anticipata da un dipinto esposto nel ‘63 presso la Promotrice delle Belle Arti di Torino– ed è immediatamente riconoscibile, per l’originalità del repertorio iconico. Le immagini, prelevate dalla storia della pittura, dal mondo classico, sono proposte con i colori della modernità, che si impongono con forza alla percezione. Cromatismi vibranti, talora dissonanti, colori acidi tratti dal mondo della pubblicità, contrasti quali viola e azzurro o rosso e giallo, notturni di un intenso blu, illuminati da una luna bianca.
“Mi diletto a cercare soggetti anche nel cestino della spazzatura”. Quello di Salvo è un universo molteplice: templi, colonne, ciminiere, alberi e nuvole, libri aperti e impilati, figure mitiche, nascono da un vasto immaginario, filtrato e decantato così da porre in evidenza una semplicità essenziale. I riferimenti culturali, le citazioni, assumono nei dipinti una assoluta naturalezza, diventano un codice figurale che si fonda su una descrizione attenta, minuziosa. Salvo non è un narratore di storie, è piuttosto un osservatore acuto e arguto, che si concentra sulla realtà quotidiana. La dimensione banale caratterizza la sua pittura in modo peculiare, sottoponendo allo spettatore pochi elementi, scelti in modo opportuno, con la forza ideativa di chi sa reinventarsi infinite volte.
La mostra antologica, curata da Pier Giovanni Castagnoli, ripercorre, con un’opportuna scelta di lavori, questo lungo iter artistico, a partire dal decennio di formazione, gli anni ’70, che hanno rappresentato un punto di riferimento per molta pittura neo-figurativa del decennio successivo. Si passa dunque dalle Lapidi agli Autoritratti, dai Tricolori alle Rovine.
Il tracciato si concentra successivamente sull’analisi della realtà metropolitana degli anni ’80, dunque sulle Stazioni, le Fabbriche, i paesaggi notturni dal respiro onirico. Fino a giungere ai lavori più recenti, come La città (2004) e Chiaro di luna (2007), paesaggi che sembrano stilizzati, che paiono sottratti ad una dimensione originaria e magica.
Salvo pare scrutare la realtà con gli occhi di chi attraversa la vita come un lungo viaggio, ininterrotto, sul filo della curiosità e della maraviglia. Con il supporto di una sottile ironia.
tiziana conti
mostra visitata il 23 marzo 2007
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