La fotografia di
Franco Fontana (Modena, 1933) spazia dalla figura al paesaggio, passando anche attraverso esperienze di moda, pubblicità e design. Tuttavia, quel che più conta sottolineare è il suo modo di concepire una nuova estetica fotografica, che si fonda sulla composizione astratta dell’immagine e sul colore come elemento strutturante.
Il reale è per Fontana un pretesto per fare immagini, e non esistono solo il bianco e nero o il grigio per esprimersi attraverso il linguaggio della fotografia. L’investigazione della realtà passa infatti attraverso sinfonie cromatiche, vibrazioni di stati che attribuiscono all’immagine una qualità pittorica. I paesaggi, naturali e urbani, catturano stati d’animo, evocano una dimensione cosmica: un esempio sono gli
Orizzonti, fasce di colore orizzontali che definiscono la tensione verso l’infinito, esaltata altresì da nessun’altra presenza di vita.
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La mia operazione di ricerca è isolare nello spazio e nel tempo ciò che normalmente si perde e si mescola nell’infinito dei particolari”. È questo il nucleo del lavoro: il bisogno di rintracciare i fondamenti del reale per riconsegnarli nella loro nuda essenzialità. Decostruire l’universo significa recuperarne il molteplice, quel che non è individuabile a una prima, superficiale lettura.
La mostra
Sequenze spazio/tempo propone una rassegna antologica di paesaggi, dalla metà degli anni ’70 alla metà degli anni ’80, quando Fontana veniva elaborando, insieme a
Ghirri e
Vaccari, i fondamenti della sperimentazione fotografica.
Lo spettatore è introdotto al percorso espositivo dalla
Finestra di Via Galilei (1977), la casa di Modena nella quale l’artista è nato e ha vissuto esperienze fondamentali. È una sequenza d’immagini di piccolo formato, nelle quali si evidenzia il confronto tra il microcosmo privato e l’universo che pulsa all’esterno. A Modena sono ambientate diverse sequenze: un parcheggio innevato, tombini, una casa d’angolo esaminata in momenti successivi.
Di
Venezia (1978) è proposta una casa sulla laguna, ripresa sempre dallo stesso punto di vista, ma in diversi momenti del giorno, così da mostrare passaggi sequenziali.
Il dittico
Emilia Romagna (1985) fissa elementi di paesaggio naturale, così come i
Paesaggi, Basilicata, realizzati tra il 1975 e il 1979, esempi di equilibrio ed essenzialità astratta, di un’alfabetizzazione cromatica che cattura tracce dell’esistente e le consegna allo spettatore. Evidenziando gli infiniti stati metamorfici che, nello spazio e nel tempo, danno senso alla realtà.