Il Brasile, si sa, è un pianeta dipinto sul muro. Sul muro che ci sbarra il passaggio all’inizio dell’ esposizione. La tempera che copriva la parete della Galleria Lucio Amelio di Napoli nel 1978 è riproposta oggi, nel contesto del grande omaggio del Centro Luigi Pecci di Prato a Mimmo Paladino. Una mostra che nasce dalla collaborazione tra Bruno Corà, direttore uscente del museo, e l’artista stesso. Le scelte allestitive ne sono profondamente segnate. Alla volontà di sistematizzare il percorso di Paladino, raggruppando le opere per periodi successivi, si sovrappone l’esigenza di accostare quadri e sculture in base a caratteristiche estetiche. Il risultato è suggestivo, anche se i criteri espositivi rimangono confusi.
Il visitatore dovrà appoggiarsi ai testi della brochure e del catalogo (già in ristampa) per districarsi nel complesso mondo dell’artista campano. Il mistero dell’universo di Mimmo Paladino si mantiene intatto. I colori intensi delle tele nella prima sale, i segni primordiali che affollano i tondi nella seconda, le maschere, le linee, le geometrie e i profili animali, le anatomie da arte cicladica e i calchi di scarpe si mescolano nel percorso della mostra come nella coscienza.
In alcune sale, lavori di periodi diversi riescono a trovare un dialogo che ne esalta l’identità. In altre, i curatori cercano di fotografare un momento linguistico o di riproporre l’omogeneità di una serie. Come Zenith (1999), che avvolge la sala 5 in una fascia di opere su alluminio. Presentate per la prima volta in questa sede, sono le serie inedite New York– realizzata all’indomani dell’11 settembre 2001, e Negativi.
Dulcis in fundo, con questi gruppi si conclude il percorso dell’esposizione. L’avventura continua però nel giardino di sculture del Centro Pecci, nell’anfiteatro che accoglie Dormienti in bronzo e nel sotto-teatro, in cui è ricostruita la sala della personale alla XLIII Biennale di Venezia di Mimmo Paladino. Un artista che ha avuto il coraggio di affermare il valore della pittura come mezzo espressivo unico. E di affermarlo alla fine degli anni Settanta, quando imperavano gli strascichi del concettuale. Il recupero della tradizione ha dato vita ad una rivoluzione: la Transavanguardia. Punto di partenza per il viaggio dell’artista, testimoniato al Centro Pecci in tutte le sue sfaccettature. Pittura, scultura, disegni ci regalano un quadro di Mimmo Paladino.
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