La Venezia Nuova: storia di una “addizione urbana” è una mostra iconografica sull’origine e lo sviluppo dell’omonimo quartiere, la cui peculiarità urbanistica ha da sempre affascinato cittadini, turisti e artisti. All’interno dei Bottini dell’Olio opere di gran pregio sono presentate quali preziosi testimoni dell’importanza rivestita dall’antico centro che, nel 1700, divenne l’anima della vita mercantile della città. Sorto nel 1629, per volontà del Granduca De’ Medici, il quartiere doveva rappresentare una struttura di supporto alla attività di commercio del porto principalmente incentrata sui traffici a discapito del deposito delle merci. Le abili maestranze appositamente chiamate da Venezia per strappare al mare un’utile striscia di terra permisero la costruzione di una nuova zona, alla quale, fu dato il nome di “Venezia Nuova ”.
Oggi questo quartiere, rappresenta, per Livorno, l’episodio urbanistico e architettonico di maggiore rilievo perché è rimasto, nonostante i bombardamenti dell’ultima guerra, pressoché inalterato nella sua struttura originaria raccogliendo, così, la memoria della città.
Accanto ai progetti conservati presso l’Archivio di Stato di Firenze si affiancano numerose vedute di Livorno, tra cui quelle di Giuseppe Maria Terreni, conservate presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Palazzo
I progetti di riqualificazione urbana, infine, sulla linea ideale “dell’addizione urbana”, si propongono di ritrovare l’immagine storica di quello che è, di fatto, il centro più caratteristico di Livorno. Si spazia dagli interventi recenti, con il recupero delle mura lorenesi, agli intenti del prossimo futuro, volti ad una riscoperta dell’assetto storico della Piazza del Luogo Pio. Un progetto di prossima attuazione prevede, infatti, la riapertura del fosso sul Viale Caprera, la ricostruzione degli immobili distrutti e la realizzazione di un parcheggio sotterraneo. Con un processo paziente, quindi, La Venezia Nuova esce a testa alta da quel progressivo degrado del dopoguerra, mentre i suoi ponti, le sue strade contornate di raffinati palazzi e di sontuosi edifici religiosi, i suoi angoli tipici intervallati da quel “lento” inserirsi delle case offrono ancora scorci indimenticabili; a questi Luchino Visconti guardò con ineguagliabile garbo nel film “Le notti bianche “, cogliendo quegli spunti singolarmente efficaci per “rifare il vero” con una straordinaria apertura verso la creazione, la fantasia, il Cinema d’arte.
silvia fierabracci
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